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I Pfas uccidono: «Sono il nuovo amianto». L'allarme dei medici di Torino: «Dobbiamo vigilare»

Le sostanze inquinanti sono state trovate in alta concentrazione nell’acqua potabile di Torino e provincia

Pfas, una recente manifestazione di Greenpeace a Torino

Pfas, una recente manifestazione di Greenpeace a Torino

I Pfas sono il nuovo amianto. L’allarme sulle sostanze chimiche ampiamente utilizzate in vari settori dell’industria e trovate in grosse quantità anche nelle acque potabili dei comuni torinesi, questa volta arriva direttamente dai medici.

L’intervento dell’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Omceo) è arrivato in seguito alla recente sentenza del tribunale di Vicenza, dove la giudice Caterina Neri ha per la prima volta sancito un nesso diretto tra i Pfas e un decesso. È quanto successo a Pasqualino Zenere, dipendente nel reparto depurazione della società Miteni dal ’78 al ’92, morto a 76 anni nel 2014 a causa di un carcinoma uroteliale. Zenere lavorava nei pressi del reparto di produzione dei Pfas e pur non essendo direttamente coinvolto nella loro fabbricazione, era stato a contatto con aria contaminata da polveri e fumi industriali. «La sentenza - spiegano i medici torinesi - riaccende i riflettori sulla pericolosità dei danni sulla salute provocati da questi composti chimici utilizzati nei processi industriali e in numerosi prodotti di uso quotidiano, dai tessuti impermeabili alle pentole. Il “nuovo amianto” come è stato definito».

L’Ordine dei medici di Torino vuole sensibilizzare su un tema che tocca da vicino anche il territorio torinese, oltre, naturalmente, l’area della Sogei di Alessandria. Infatti un recente report di Greenpeace, datato inizio 2024, realizzato chiedendo un accesso agli atti a Smat, aveva già portato l’attenzione sulla situazione del Piemonte, dove in diverse aree, fra cui Torino e la Val di Susa, la contaminazione risulta diffusa e sono stati individuati livelli significativi di Pfoa (ampio gruppo di Pfas certificato come cancerogeno) anche nell’acqua potabile: 125mila persone esposte negli anni, coinvolti Torino e altri 70 Comuni della cintura e della Val di Susa. Il preoccupante primato della presenza di Pfas spettava al prelievo effettuato nel comune di Gravere (96 nanogrammi/litro) seguito da Chiomonte con 82 nanogrammi/litro. In una successiva ricerca indipendente, Greenpeace aveva aveva riscontrato a Bussoleno, con 28,1 ng/l (nanogrammi per litro), la più alta concentrazione di Pfoa nelle acque potabili a livello nazionale.

I Pfas sono sostanze note per la loro resistenza alla degradazione: una volta disperse nell’ambiente, restano a lungo nell’acqua, nel suolo e negli organismi viventi. Inquinanti “eterni” vengono definiti. A “sollecitare” l’intervento dei medici è stato il responsabile Campagne Inquinamento di Greenpeace Italia, Giuseppe Ungherese, in una intervista in cui ha sottolineato i dati e chiesto un ruolo di sorveglianza e intervento da parte delle Istituzioni, dei sanitari, ma anche di impegno da parte di giornalisti e singoli cittadini. I medici in particolare , ribadisce, «possono avere un ruolo “di sentinelle”».

«Si tratta di un terreno ancora poco esplorato - si sottolinea dall’ordine dei medici - ma che interpella la professione su nuove forme di attenzione, vigilanza e, in alcuni casi, di tutela attiva dei pazienti. Parlarne è fondamentale per promuovere consapevolezza e responsabilità: conoscere i meccanismi attraverso cui i Pfas entrano nel ciclo dell’acqua e negli organismi viventi aiuta a richiedere interventi tempestivi, a proteggere la salute pubblica e a orientare scelte individuali e collettive più sostenibili».

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