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09 Febbraio 2025 - 13:12
Pfas, a un anno dall'allarme di Greenpeace zero interventi: «Acqua potabile inquinata ma ci dicono di tacere»
Gli attivisti di Greenpeace sono scesi in strada, nel centro storico di Torino, per un presidio informativo sulla presenza di Pfas nelle acque potabili del Piemonte. Con loro, anche tre consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, che in seguito hanno denunciato «l’immobilismo della giunta Cirio» rispetto al problema.
I Pfas, acronimo inglese di “perfluorinated alkylated substances”, nascono negli anni ’40 come composti chimici detti “di sintesi”, utilizzati in innumerevoli settori dell’industria. Esistono oltre 4mila sostanze appartenenti a questa famiglia, resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione, che possono penetrare nelle acque sotterranee finendo per accumularsi anche nelle piante. Dai risultati di recenti studi si evince che possano provocare un aumento dei livelli di colesterolo, alterazioni di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie.
Un anno fa, proprio Greenpeace ha lanciato l’allarme sulla contaminazione da Pfas dell’acqua potabile in 70 Comuni piemontesi. In base ai dati diffusi da Greenpeace nella classifica dei Comuni piemontesi dove sono stati registrati i valori massimi di Pfas al primo posto figura Tortona (Alessandria) mentre Torino è quarta dietro Bussoleno e Verbania. La Valle di Susa è presente nella top ten con tre località (oltre a Bussoleno vi sono Sant’Ambrogio di Susa e Bardonecchia).
«Noi - ha detto Silvio Tonda, del comitato “L’Acqua Si-cura” della Valle di Susa - vorremmo comprenderne le ragioni: nelle acque di una valle alpina non dovrebbero esserci sostanze tipicamente prodotte da attività industriali. Potrebbe essere l’effetto di uno smaltimento illegale di rifiuti, o di qualche grande opera in corso di realizzazione. Ci siamo interfacciati con le Unioni montane e abbiamo chiesto un tavolo di confronto fra enti, Arpa, Asl e Smat. Ci aspettavamo qualche intervento e invece qualcuno ci ha detto che non dovevamo allarmare la popolazione».
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