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Il caso

Tutti contro il Re delle soffitte. Ma gli eredi “offrono” le case

Il sindaco (e non solo lui) all’attacco di Giorgio Molino. La replica: «Intanto non ci ascolta»

Tutti contro il Re delle soffitte. Ma gli eredi “offrono” le case

Prima l’assessore regionale Maurizio Marrone, ora il sindaco Stefano Lo Russo: tutti contro Giorgio Molino, l’83enne “Re delle soffitte” che per decenni ha portato avanti un impero con 1.418 immobili, spesso affittati in nero a immigrati irregolari. «Ma lui non ha più alcun ruolo nelle società - contrattacca l’avvocato Guglielmo Tortarolo, membro del pool legale che segue il gruppo che faceva capo a Molino - E ora noi stiamo lavorando per metterci in regola: non ci fa piacere essere additati come responsabili degli accoltellamenti e degli altri problemi di Barriera di Milano».

È stato proprio il sindaco, nel dibattito pubblico di mercoledì in Barriera, a citare Molino come «una delle persone più nefaste di questa città» perché responsabile «dell’abusivismo degli immobili». Un attacco diretto che fa seguito a quello dell’assessore regionale Marrone che, senza fare nomi, ha lanciato l’idea di espropriare gli immobili dei «ras delle soffitte» per trasformarli in case popolari.

In sostanza, Molino è il “bersaglio” bipartisan del degrado del quartiere più problematico di Torino. Ma lui ne è davvero responsabile? Di certo la famiglia Molino ha amministrato migliaia di immobili da inizio Novecento, quando il nonno di Giorgio ha iniziato ad affittare alloggi di Torino ai primi immigrati dal Veneto. L’impero, nei decenni, si è ampliato e ha cambiato “clientela”: dopo i veneti, è toccato ai meridionali e poi ad africani e sudamericani, tutti in cerca di un tetto da mettere sopra la testa. E il “gruppo Molino” gliel’ha offerto, spesso affittando loro soffitte, cantine e tuguri minuscoli a prezzi sproporzionati. Facendosi spesso pagare in nero.

Per questo ora l’83enne è accusato di frode fiscale, truffa ai danni dello Stato e autoriciclaggio, visto che avrebbe incassato quasi 42 milioni di affitti in nero dai suoi immobili (tra 2019 e 2022). E avrebbe evaso le tasse grazie allo “schermo” di società e associazioni: per questo gli sono stati sequestrati 7 milioni e 700mila euro. Soldi che ora dipendono da Franco Freilone, psichiatra incaricato dalla giudice Valentina Rattazzo di valutare se Molino sia ancora “in grado di stare in giudizio”. Definizione che gli è già valso un proscioglimento in un altro processo.

Intanto l’impero immobiliare è passato a Giuseppe Molino, il figlio notaio di Giorgio, e alla moglie Marianna Lucca, che ne è la legale rappresentante ufficiale: «È tutto nero su bianco nelle visure camerali - fa notare Tortarolo - Così com’è inutile nascondere che, in passato, ci siano stati dei problemi. Adesso stiamo lavorando senza intenti speculativi ma nel rispetto delle regole: l’indicazione è quella di avere sempre inquilini con il permesso di soggiorno, contratti registrati e pagamenti regolari». E presto ci sarà un passaggio in più: «Anticipo che ci sarà un rapporto con la Fondazione Don Mario Operti, che accompagnerà gli extracomunitari all’inserimento negli immobili messi a disposizione dal gruppo che faceva capo a Giorgio Molino». I cui eredi, però, vorrebbero che le istituzioni li aiutassero invece di attaccarli: «Ho scritto almeno 5 e-mail certificate al sindaco Lo Russo e all’assessore Jacopo Rosatelli - conclude il legale - Ma siamo sempre allo stesso punto. Bisogna risolvere certe situazioni come quella di corso Vigevano 41, dove restano occupazioni, allacci abusivi e porte murate: serve un intervento militare».

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