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Stellantis e la nuova guida, de Meo lascia Renault: l’Europa rischia di rimanere indietro

Mentre i ceo cambiano, l’industria automobilistica europea fatica a trovare una rotta chiara tra sfide globali

Stellantis e la nuova guida, de Meo lascia Renault: l’Europa rischia di rimanere indietro

La crisi dell’automotive europeo passa anche dai vertici. Da lunedì 23 giugno, Antonio Filosa sarà ufficialmente il nuovo amministratore delegato di Stellantis, prendendo il posto di Carlos Tavares. Un passaggio di consegne che arriva in uno dei momenti più delicati per il Gruppo: 14 marchi da gestire, una capitalizzazione di mercato sotto pressione e la sfida di trasformare un gigante multi-brand in un’azienda snella, tecnologica e redditizia. «Stellantis ha un problema in più rispetto ai concorrenti: un portafoglio di marchi molto ampio e in parte sovrapposto, difficile da razionalizzare», osserva Marco Cantamessa a Milano Finanza, docente del Politecnico di Torino ed esperto di automotive. «Filosa eredita un compito enorme, perché dovrà traghettare il gruppo verso un equilibrio tra passato e futuro, senza perdere identità ma guadagnando competitività».

Nello stesso scenario già teso, arriva un altro scossone. Domenica 15 giugno, Luca de Meo ha annunciato le dimissioni da ceo di Renault, dopo cinque anni di profonda ristrutturazione che avevano portato la casa francese a una redditività mai vista. «Faccio più soldi ora di quando vendevo un milione di auto in più», aveva dichiarato solo un anno fa in un’intervista a Milano Finanza. Eppure ha scelto di lasciare, per passare al settore moda con il gruppo Kering. Il suo addio ha scosso la Borsa: Renault ha perso l’8% in un solo giorno. E ha lasciato un vuoto proprio mentre il piano strategico “Futurama” entrava nel vivo. Il presidente Jean-Dominique Senard ha assunto l’interim, mentre si cercano nuovi candidati alla guida: tra i nomi in corsa ci sono Denis Le Vot (Dacia) e Maxime Picat (Stellantis).

«Le storie individuali a volte sono sintomatiche di problemi sistemici, altre sono semplici scelte personali. Ma certo, colpiscono», osserva ancora Cantamessa. E nel caso di de Meo, è difficile non leggerci anche un segnale di sfiducia verso un settore sempre più instabile. L’uscita di due figure centrali nei vertici europei arriva mentre l’intero comparto arranca. Le grandi case tedesche, a partire da Volkswagen, fanno fatica a tenere il passo con la concorrenza cinese. Malgrado gli enormi investimenti in ricerca e sviluppo, i risultati non arrivano, schiacciati da modelli industriali ancora troppo rigidi. Bmw e Mercedes si muovono con maggiore prudenza, mantenendo il focus sul termico e su nicchie premium più redditizie.

A pesare su tutti è il contesto normativo europeo, ritenuto da molti troppo ambizioso e poco sostenibile. «Le tempistiche imposte dall’Ue sull’elettrico – spiega Cantamessa – non sono realistiche. Né per i produttori, né per i consumatori, ancora poco propensi a passare all’elettrico senza incentivi adeguati».

Neanche oltreoceano le cose vanno meglio. General Motors e Ford, così come Stellantis (fortemente presente negli Usa), devono fronteggiare i dazi e le nuove politiche protezionistiche imposte dall’amministrazione Trump. Entrambe le case americane stanno rallentando i piani sull’elettrico: Gm ha posticipato alcuni lanci, Ford ha rivisto gli obiettivi e riportato investimenti sui motori a combustione.

Tesla e Byd restano in prima linea nella corsa all’elettrico. Ma se Tesla è in difficoltà – domanda in calo, reputazione scossa dalle posizioni politiche di Musk, titolo in flessione del 20% – Byd vola. È cresciuta in Borsa, ha superato Tesla in vendite e investe pesantemente anche in Europa. «Non è più solo una storia cinese», dice Wienke di eToro. «È una realtà globale che fa paura alle case europee». La differenza principale? Strutture leggere, filiere dedicate, una sola missione: l’elettrico. Una concentrazione che garantisce adattabilità, ma anche un’esposizione maggiore al rischio. Eppure i numeri, per ora, premiano la strategia asiatica.

Infine, i giapponesi. Toyota, primo costruttore mondiale, continua per la sua strada: ibrido al centro, elettrico sì ma senza forzature, ricerca sull’idrogeno. Hyundai segue una linea simile. «Non scommettono tutto su una sola tecnologia», dice Cantamessa, «e questa prudenza potrebbe pagare nel lungo periodo». Nissan, invece, cerca un rilancio dopo anni difficili. Dopo il fallimento della fusione con Honda, ha nominato Ivan Espinosa, ex capo della strategia prodotto, come nuovo ceo. Il rilancio passa da dentro. Ma la strada è ancora lunga.

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