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Economia

Industria meccanica in affanno: "Non possiamo chiedere soldi al governo, lo sappiamo"

I presidenti di Federmeccanica denunciano lo stallo degli investimenti e la confusione normativa. "Così non si può costruire nulla"

Industria meccanica in affanno: "Non possiamo chiedere soldi al governo, lo sappiamo"

Federico Visentin, Simone Bettini e Maurizio Marchesini

Una filiera fondamentale per il Piemonte, ma che oggi rischia di incepparsi sotto il peso dell’incertezza, dell’assenza di visione politica e della crescente complessità normativa. A lanciare l’allarme sono i vertici di Federmeccanica, che in questi giorni hanno tracciato un quadro severo delle difficoltà che affliggono l’industria metalmeccanica italiana, con particolare attenzione alla realtà produttiva del Nord-Ovest.

"Le cose che ci preoccupano di più – ha spiegato Sebastiano Vicentin, il presidente uscente di Federmeccanica – è che non riusciamo a fare investimenti. E se non li facciamo, non facciamo innovazione. In Italia siamo indietro, e il governo dovrebbe essere più deciso. Servirebbe lavorare davvero sui costi del lavoro, con maggiore convinzione. Ma questo, oggi, non accade". L’accusa che arriva dal settore non è legata solo alla mancanza di fondi, ma soprattutto a un quadro di regole instabile, in continuo cambiamento, che complica le scelte delle imprese. "Prima la complessità veniva dai mercati, oggi – denuncia Vicentin – nasce da interventi politici. La politica una volta non incideva, oggi incide eccome. E lo fa in modo negativo".

A preoccupare è anche il piano Transizione 5.0, giudicato “troppo complesso” dalle imprese. "È talmente difficile da interpretare – continua Vicentin – che le aziende, soprattutto le più piccole, non riescono nemmeno ad accedervi". Gli fa eco il nuovo presidente di Federmeccanica, Federico Bettini: "Non possiamo chiedere soldi al governo, lo sappiamo. Ma almeno servono regole semplici. Il piano 4.0 ha funzionato perché era chiaro, efficace e accessibile anche alle Pmi. Con il 5.0, invece, sembra servire la sfera di cristallo per capirne i meccanismi".

Bettini ha ricordato come l’industria meccanica italiana sia composta da “molte grandi imprese, ma anche da una miriade di piccole e piccolissime realtà”, spesso lasciate sole di fronte a norme tecniche e bandi di difficile interpretazione. "Serve una politica industriale che abbia visione – aggiunge Vicentin – e servono risorse vere. In Italia non ci sono, quindi dobbiamo guardare all’Europa. Ma nel frattempo i dazi cambiano ogni settimana, l’incertezza è totale. E con l’incertezza non si può costruire nulla". Nel frattempo, il contratto nazionale dei metalmeccanici – che copre 1,5 milioni di lavoratori – è scaduto, ma secondo Vicentin rimane un modello da difendere. "Non possiamo restare bloccati. Quel contratto ha sempre saputo innovare, ridistribuire la ricchezza nel momento in cui si crea, e oggi andrebbe copiato da altri settori. Purtroppo la narrazione dei sindacati incide più della nostra, ma noi non possiamo rinunciare a questo tavolo".

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