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15 Luglio 2025 - 08:21
Il West Nile Virus in due paesi della provincia di Torino. Scatta il piano di prevenzione
Il West Nile Virus vola nel cielo della provincia di Torino, trasportato dalle zanzare. Non un'ipotesi ma una certezza, messa nero su bianco dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta che ha trovato il virus «in un pool di zanzare nei comuni di San Mauro Torinese e Caselle Torinese all'inizio di luglio».
Non una sorpresa. Il virus infatti negli anni scorsi in Piemonte ha già provocato anche delle vittime: 6 nel 2022, una l'anno successivo. E anche per questo sono quindi scattate le misure di prevenzione per cercare di evitare il diffondersi della malattia tra la popolazione. Il Centro nazionale sangue - organizzazione che opera sotto la direzione del Ministero della Salute e presso l'Istituto Superiore di Sanità e che si occupa del coordinamento e del controllo tecnico-scientifico del sistema trasfusionale nazionale - ha applicato anche a Torino il piano nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta inviando una circolare con cui dispone «l'introduzione delle misure di sicurezza» sul sangue raccolto per le donazioni in tutta la provincia di Torino disponendo «per i donatori che abbiano soggiornato anche solo una notte in tutta la provincia di Torino» di utilizzare un apposito test sul sangue donato, il Wnv Nat, prima di utilizzarlo. Questo «come alternativa al provvedimento di sospensione temporanea per 28 giorni dei donatori».
Mal comune, mezzo gaudio. Detto popolare che questa volta si dimostra davvero poco saggio. Il problema infatti non riguarda solo Torino ma diverse altre province italiane: Reggio Emilia, Mantova, Padova, Cremona, Pavia, Rovigo, Piacenza, Parma, Lodi, Modena, Venezia e Oristano. Il segno che quella che una volta era una malattia tipica delle zone da cui prende il nome (il Nilo) è un problema ormai radicato anche alle nostre latitudini.
La febbre West Nile (West Nile Fever) è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario. Come riporta il sito dell'Istituto Superiore della Sanità, la maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave. I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale. Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Non esiste neanche una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.
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