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Sanità
14 Settembre 2025 - 04:10
Quarantotto ore o poco più da quando è stato reso noto che in Piemonte c’è un uomo che non ce la fa più. Al punto da chiedere all’Azienda Sanitaria Locale TO4 (Chivasso, Ciriè e Ivrea) di essere aiutato a morire. È di fatto la prima richiesta di suicidio assistito cui la Regione è davanti. E che la trova impreparata.
A giugno scorso, infatti, l’Asl avrebbe chiesto alla Direzione Sanità della Regione Piemonte di essere messa a conoscenza delle linee guida regionali «per adottare un comportamento omogeneo a livello regionale in un ambito non definitivamente normato». Cioè per stabilire modalità e tempi uniformi. E garantire a tutti i pazienti che chiedano il suicidio assistito un uguale trattamento.
In effetti, mancando una legge nazionale, ed essendo stata bocciata lo scorso marzo in Consiglio Regionale la proposta di legge di iniziativa popolare su procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito, l’unico riferimento normativo ad oggi è la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale. Si tratta del caso Cappato, che aveva accompagnato Dj Fabo (Fabiano Antoniani) — tetraplegico e cieco in seguito a un incidente stradale — in Svizzera, per finire i suoi giorni. Un momento cruciale nel dibattito giuridico e bioetico italiano sul fine vita perché la sentenza ha, di fatto, escluso la punibilità di chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, dove ci siano quattro condizioni: patologia irreversibile e fonte di sofferenze intollerabili, che la persona sia mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitali e sia capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Alla richiesta di linee guida in merito, però, la Regione avrebbe risposto in modo negativo: «Le stiamo preparando da qualche mese, ma richiederanno ancora un po’ di tempo», aveva detto il direttore generale del Dipartimento Sanità in Regione Antonino Sottile. Ma ci sarebbero eccome: se ne era occupato l’ex pm della procura di Torino e presidente del Comitato etico territoriale di Torino Antonio Rinaudo: «Ci abbiamo lavorato da agosto a novembre 2023. Sono a disposizione della Regione», replica. «Mancano però le indicazioni operative», spiega Sottile. Condizione che pur dando per “buone” le linee guida, non le riterrebbe sufficienti per dare una risposta all’Asl, che nel frattempo si è mossa autonomamente. Con un percorso di valutazione dei requisiti in modo congiunto con il CET, chiedendo un parere regionale preventivo oggi non ancora pervenuto. Fatto sta che da novembre 2023 «nessun atto discusso, né le linee guida sottoposte alla commissione Sanità», racconta anche il suo vicepresidente Daniele Valle. Ma il tempo “perso” dalla Regione rischia di essere una crudele clessidra per chi ha chiesto di morire.
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