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La crisi dell'ex Fiat

Stellantis, un dipendente su due è in cassa. E non si produce più: ecco i numeri

Il dramma di Mirafiori nel rapporto della Fim-Cisl e l'appello all'Europa

Stellantis, la frenata accende l’allarme: Uliano invoca un piano europeo, Mirafiori cerca ossigeno

È credibile pensare di produrre (e vendere) 100.000 auto l'anno in una fabbrica che, finora, in 9 mesi ne ha prodotte appena 18.000 o poco più? Perché gli stabilimenti Stellantis continuano a rallentare, fin quasi a fermarsi? Domande che accompagnano il rapporto periodico della Fim‑Cisl sull'andamento della produzione Stellantis in Italia, a due settimane dall'incontro dei sindacati con il ceo Antonio Filosa: nei primi nove mesi del 2025 la produzione complessiva di auto e veicoli commerciali si è fermata a 265.490 unità, il 31,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2024. È una frenata che si fa più pesante settimana dopo settimana e che costringe sindacati e governo a fissare nuove priorità. Basterà l’innesto annunciato di modelli ibridi a invertire la tendenza? O servirà qualcosa di più profondo, un vero cambio di marcia nella politica industriale? Vediamo i dati, così come li propone la Fim‑Cisl.

La curva dei volumi si inclina

La flessione più severa colpisce le auto: -36,3%, con 151.430 unità prodotte. I veicoli commerciali limitano i danni ma scendono comunque del 23,9%, a 114.060 unità. Non si salva nessuno: le perdite, stabilimento per stabilimento, oscillano tra il 17% e il 65%. Per Ferdinando Uliano, segretario generale Fim‑Cisl, il 2025 rischia di chiudersi “con una riduzione di un terzo dei volumi produttivi”, poco più di 310.000 unità totali, e con le auto sotto la soglia psicologica delle 200.000. È la fotografia di una filiera in affanno, dove la domanda incerta e una transizione tecnologica ancora in cerca di equilibrio comprimono la capacità di programmare.

Il passaggio chiave: 20 ottobre con Antonio Filosa

Per Uliano la data cerchiata in rosso è il 20 ottobre, quando incontrerà l’amministratore delegato Antonio Filosa. Sul tavolo c’è il cosiddetto piano post‑Tavares, nato dopo lo sciopero del settore auto del 18 ottobre 2024 e favorito dalla successiva uscita di Carlos Tavares. “Chiederemo a Filosa di rafforzare e migliorare il piano di investimenti”, ribadisce il leader Fim‑Cisl. È una trattativa che può segnare un crinale: da un lato la necessità di difendere occupazione e competenze, dall’altro il bisogno di riallineare il perimetro industriale italiano a una domanda che cambia per tipologia di prodotto, motorizzazioni e fasce di prezzo.


COSA PREVEDE IL PIANO POST-TAVARES

Le tappe già fissate non sono marginali.

  • Pomigliano, dal 2028, la nuova piattaforma Small con due modelli compatti;
  • Mirafiori, la nuova 500e accanto alla 500 ibrida, la cui produzione è attesa da novembre 2025;
  • Melfi, l’introduzione di versioni ibride per i modelli elettrici previsti tra il 2025 e il 2026;
  • sui veicoli commerciali, una nuova gamma Large;
  • sul fronte premium, lo sviluppo delle versioni ibride di Stelvio e Giulia con l’aggiunta di un inedito top di gamma;
  • Modena, un progetto alto di gamma che comprende il trasferimento Maserati GranTurismo e GranCabrio.

È un mosaico ambizioso, che prova a ricucire la distanza tra il ritmo incalzante della transizione ecologica e la realtà delle linee italiane. Ma i tasselli non sono tutti al loro posto: il nodo Termoli, dopo lo stop alla gigafactory, resta aperto e pesa come un macigno su centinaia di lavoratori e su un segmento – quello dell’elettrico – che richiede continuità industriale e certezze lungo tutta la filiera.

Ma Stellantis sta muovendosi a livello globale: produzioni implementate all'estero, una nuova fabbrica in Sudafrica, 1,2 miliardi di euro di investimento in Marocco, ben 10 miliardi totali di dollari in America per la produzione locale. E il piano per l'Italia? Come si inserirà nel rinnovato piano industriale di Filosa, in arrivo per inizio 2026.



MIRAFIORI, SIMBOLO IN AFFANNO

Se c’è un luogo in cui la crisi diventa tangibile è Mirafiori. Tra gennaio e settembre 2025 le unità prodotte sono state 18.450, in calo del 17% rispetto alle 22.240 del 2024. La quasi totalità è Fiat 500 Bev (18.315 unità), mentre il marchio del Tridente scivola ai minimi: appena 140 Maserati. Stellantis ha già deciso di trasferire entro fine anno la produzione di GranTurismo e GranCabrio a Modena. Uliano non usa giri di parole: la linea Maserati a Torino va riempita con nuove produzioni, e il gruppo deve chiarire rapidamente la strategia del marchio, sia in termini di modelli sia di volumi. L’avvio della 500 ibrida, frutto dell’azione sindacale, è un primo spiraglio. L’obiettivo indicato è di circa 5.000 unità entro fine anno: traguardo “impegnativo e tutto da verificare”. Il gruppo stima un ritmo annuo di 100.000 vetture: “Se tali volumi saranno confermati, sarà possibile superare la fase di cassa integrazione”, afferma Uliano. Ma la condizione è chiara: serve un piano serio su Mirafiori che rimetta al centro l’occupazione dopo anni di uscite.



QUASI METÀ DEI LAVORATORI IN AMMORTIZZATORI SOCIALI

Dietro i grafici, ci sono persone. Quasi la metà della forza lavoro italiana di Stellantis è oggi coperta da ammortizzatori sociali. Non è solo un dato: è una pressione sociale crescente, che si traduce in redditi compressi, competenze non utilizzate e comunità locali in apprensione.

Il sindacato insiste su un principio semplice e impegnativo: garantire a ogni sito una prospettiva industriale e occupazionale certa, evitando decisioni unilaterali, chiusure e licenziamenti e accompagnando la transizione tecnologica con soluzioni concrete e condivise. Ma come farlo in un contesto di domanda volatile e standard regolatori in movimento? E di legislatori in palese stato di confusione ideologica (aggiungiamo noi)?



LA RICHIESTA: UN PIANO EUROPEO CON DEBITO COMUNE

Per la Fim-Cisl, la crisi non è un meteorite isolato, bensì il sintomo di un vuoto di strategia a livello continentale. Uliano invoca un piano industriale europeo espansivo, sostenuto da debito comune e da un nuovo Fondo europeo con risorse paragonabili al Next Generation EU. L’obiettivo è duplice: accelerare la transizione e distribuirne i costi nel tempo, garantendo non solo sostenibilità ambientale ma anche sociale. Il messaggio riguarda anche Roma: la rimodulazione delle sanzioni sulle emissioni di CO₂ previste per il 2025 “non è sufficiente”. Occorre ripensare tempi e modalità della decarbonizzazione in chiave industriale, economica e sociale. Altrimenti il rischio è evidente: rincorrere gli obiettivi senza gli strumenti per raggiungerli, con il paradosso di una transizione che desertifica i siti produttivi invece di rigenerarli.

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