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Il Borghese
17 Ottobre 2025 - 05:50
C’era un luogo a Torino che la prevedibile fantasia di noi giornalisti aveva battezzato Tossic Park, quasi vent’anni fa. I più indulgenti usavano l’espressione «narcosala a cielo aperto». Era quell’area verde al fondo di corso Giulio Cesare, trasformato notte e giorno in un tappeto di siringhe, di povere figure dolenti a cercare la dose quotidiana, di spacciatori che si celavano addirittura su un isolotto al centro dello Stura. Fu la vergogna della città che aveva ripulito il suo centro - e non solo - per la visione delle Olimpiadi invernali.
Era il Tossic Park, al singolare. Oggi questa definizione la appoggiamo su altre situazioni, in altri luoghi di Torino, dove il degrado avanza lungo il fiume della droga. Il parco Sempione è l’esempio più lampante fra baby gang, accampamenti di disperati o di criminali: un pensionato a spasso con il cane aggredito dai pitbull dei pusher; un sedicenne tenuto prigioniero da un gruppo di ricattatori. Piccoli romanzi criminali nell’ombra di un’area abbandonata a se stessa.
Si chiede progettualità e visione, agli amministratori, prima ancora che interventi efficaci delle forze dell’ordine. Ma per questa area, così come per altre rimaste incastrate nell’evoluzione disordinata di Torino, autentici buchi neri della città, ci si scontra con problemi pratici: per esempio, il fatto che se al Tossic Park l’area era di un solo proprietario, qui sono almeno quattro che vi insistono. Praticamente, impossibile agire rapidamente tutti insieme.
Ci si affida ai privati, che magari l’intesa con il Comune agevola anche in ottica piano regolatore - finora, parole e concetti astratti, ammettiamolo -, ma loro puntano giustamente al business. Ma a cosa serve un business luccicante se è poi assediato dagli zombie?
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