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Il convegno

Non solo dove sono le bombe: le “sottotracce” dei conflitti

A discuterne i tre esperti di geopolitica Claudio Bertolotti, Alessandro Politi e Germano Dottori

Non solo dove sono le bombe: le “sottotracce” dei conflitti

I conflitti sono veramente solo dove li vediamo? Ed è davvero solo merito di Trump se le ostilità a Gaza si sono fermate? Sono queste alcune delle domande cui si è provato a dare una risposta nel corso del convegno che si è tenuto questo pomeriggio tra le aule dell'Università popolare di Torino, a Palazzo Campana. Uno degli incontri parte del "Torino Crime Festival": dedicato al crimine e al modo in cui viene raccontato.

A introdurre il convegno, moderato da Valentina Ciappina, Beppe Fossati, vicepresidente della Fondazione Quarto Potere e direttore emerito di Torino Cronaca, e l'avvocato e socio fondatore della Scuola Giuridica ed Economica San Carlo Stefano Commodo.

A discutere i temi caldi: Alessandro Politi, direttore della Nato Defence College Foundation, analista politico-strategico, già consulente per il Ministero della Difesa; Claudio Bertolotti, direttore di Start Insight, docente presso l'Ispi e già capo sezione contro-Intelligence Nato in Afghanistan; Germano Dottori, consigliere scientifico di Limes e docente di Studi Strategici alla Luiss Guido Carli.

«Il conflitto a Gaza in realtà è molto più ampio - afferma subito Bertolotti -, almeno di portata regionale. La cosiddetta "normalizzazione dei rapporti", iniziata con gli Accordi di Abramo (dichiarazione congiunta del 2020 tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, ndr), è ben lontana dall’essere una pace duratura. In Medio Oriente c’è una competizione tra potenze medio-grandi che ambiscono a guidare l’intera regione, come l’Iran. Hamas, da questo punto di vista, non rappresenta una minaccia all’esistenza di Israele in sé, ma è parte di un gioco più ampio».

Sul ruolo del presidente degli Stati Uniti Donald Trump in questa “pace”, Dottori è molto cauto: «Gli Usa rimangono il perno del sistema internazionale. ed è lì che bisogna guardare per capire dove sta andando il mondo. Ma Trump agisce secondo una logica di interesse nazionale: cerca di stabilizzare lo scenario esterno per concentrarsi sulla ricostruzione interna. È un nazionalista, non un idealista».

E il ruolo dei media nella percezione del conflitto? Il rischio del vorace e veloce consumo di informazione sui social: come reel di Instagram o Tiktok, à quello di «saturarsi di immagini confuse - avverte Politi - Scegliete le immagini e le fonti. Non vi fate distrarre da dove vogliono orientare il vostro sguardo. Bisogna guardare dietro le quinte, è lì che si gioca la vera partita», conclude.

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