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la sperimentazione

Il “professor Seneca” arriva in cattedra a Torino

L’iniziativa è coordinata dal professor Massimo Manca, che ha sviluppato una serie di bot ispirati ai grandi autori dell’antichità

Il “professor Seneca” arriva in cattedra a Torino

Immagine di repertorio

All’Università di Torino è in corso un progetto che utilizza modelli linguistici per simulare il linguaggio degli autori latini, applicandoli alla didattica della Letteratura latina e neuroscienze. L’iniziativa è coordinata dal professor Massimo Manca, che ha sviluppato una serie di bot ispirati ai grandi autori dell’antichità. Il primo è SeneChat, basato sull’opera di Seneca; seguono altre versioni dedicate a Catullo e Cicerone, come ChatUllus e CiceChat.

Il corso, previsto per il 2026, integra queste intelligenze artificiali con lo studio dei testi originali. L’obiettivo è verificare quanto della produzione letteraria antica possa essere replicato da un modello di linguaggio e quali elementi invece restino irriducibili alla semplice imitazione. Secondo Manca, i bot riescono a riprodurre con precisione lo stile degli autori, adattando il registro anche a questioni contemporanee.

I limiti emergono però nella dimensione esperienziale. L’IA non possiede la conoscenza biografica, emotiva e culturale vissuta dall’autore reale, e questo incide sul risultato finale. Nel caso di Seneca, ad esempio, il modello non riproduce alcuni aspetti centrali del suo pensiero, come la riflessione sulla scelta del suicidio. L’allineamento etico delle piattaforme contemporanee impedisce infatti risposte coerenti con quella parte della sua filosofia.

Il progetto si basa sulle ricerche del docente nel campo della relazione tra linguaggio, mente e comportamenti cognitivi. L’impiego dei bot consente di analizzare figure retoriche, meccanismi psicologici e bias cognitivi all’interno dei testi latini. Un esempio riguarda il celebre verso “Odi et amo” di Catullo, la cui contraddizione permette di osservare specifiche attivazioni cerebrali legate alla dissonanza emotiva.

Al di là dell’aspetto sperimentale, l’iniziativa punta a sfruttare l’IA come strumento di supporto allo studio filologico e neuroscientifico, senza sostituire la funzione del docente. L’interesse, precisa Manca, riguarda le potenzialità della tecnologia nel fornire nuove modalità di analisi e nell’aprire un confronto tra approccio umanistico e strumenti digitali, riportando simbolicamente gli autori antichi all’interno dell’aula.

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