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Gli Affari degli Agnelli/Elkann

Lapo Elkann, un altro conto salato dagli investimenti. E ora mette mano (di nuovo) al portafoglio

Le avventure di Garage Italia e Youngtimers AG: il nipote dell'Avvocato costretto a intervenire di tasca propria

Lapo Elkann, il conto salato dell’avventura Garage Italia: perdite, prestiti e il rischio di un sogno costoso

C’è un momento, in ogni impresa che vive di immagine e passioni, in cui il fascino del progetto si scontra con la concretezza dei numeri. E i numeri, spesso, non hanno riguardo per le narrazioni. È il caso di Lapo Elkann, che dopo la liquidazione di Italia Independent continua a confrontarsi con bilanci in rosso e iniezioni di liquidità personale, a difesa di un’idea - Garage Italia - che ha cercato di coniugare estetica, lifestyle e convivialità. Ma fino a quando un sogno può reggersi sul salvagente del portafoglio?

Il quadro: due holding e conti in sofferenza
Dopo l’uscita di scena di Italia Independent, chiusa e liquidata con una perdita significativa, il perimetro societario di Lapo Elkann ruota attorno a due holding. La prima è L.holding srl, che detiene circa il 20% della svizzera Youngtimers AG, società di investimenti finanziari. Qui il trend non sorride: nell’ultimo anno Youngtimers AG ha triplicato le perdite rispetto all’esercizio precedente, archiviando un rosso di circa 2 milioni di euro. Un segnale di fragilità su un fronte teoricamente “freddo” e diversificato, che pure dovrebbe dare stabilità al portafoglio.

La seconda è Laps to go srl, una holding che ha chiuso l’ultimo bilancio con 666.871 euro di perdite. Il dato pesa ancor di più se rapportato al sostegno interno: la società ha beneficiato di un finanziamento infruttifero del socio di riferimento - ossia lo stesso Lapo - per 3,982 milioni di euro. Tradotto: anche la leva della finanza “amica” non ha impedito l’erosione del patrimonio, segno che le attività sottostanti non generano ancora flussi sufficienti a compensare i costi.



Garage Italia, tra sogno urbano e zavorra gestionale
Dentro Laps to go confluiscono due società legate al progetto Garage Italia, l’idea con cui Elkann ha provato a trasformare una ex stazione di servizio alla periferia di Milano - fra viale Certosa e viale Carlo Espinasse - in un hub creativo: spazio eventi, ristorante, cocktail bar, terrazza con giardino esotico e uffici. La parte operativa è in capo a FB Garage Italia; l’immobile è di proprietà di Garage Italia immobiliare, entrambe controllate dalla holding. Eppure nessuna delle due “brilla”. Garage Italia immobiliare, nonostante un ricavo annuo di 388.313 euro, ha chiuso con una perdita di 400.574 euro. Peggio va a FB Garage Italia: i ricavi sono scesi a 446 mila euro dai 617 mila dell’anno precedente e il risultato netto è un rosso di 696.283 euro, peggiorativo rispetto ai -427.088 euro di dodici mesi prima.

Nel frattempo, il ristorante- un tempo avviato da Carlo Cracco, poi uscito - oggi cocktail bar e location per eventi, non è bastato a invertire la rotta. Un dettaglio non secondario: l’immobile è vincolato dai Beni culturali per interesse storico e ambientale. Un valore simbolico e architettonico, certo, ma anche un vincolo che può tradursi in maggiori complessità gestionali e costi di mantenimento. È l’immagine che paga il conto ai conti?

Prestiti personali e muti: la strategia "interna"
Entrambe le società hanno progressivamente eroso il patrimonio netto, costringendo Lapo Elkann a intervenire nuovamente. Verso Garage Italia immobiliare sono stati girati 3 milioni e 42.000 euro di tasca propria, necessari per estinguere quanto restava di un mutuo acceso con Deutsche Bank. A FB Garage Italia, invece, sono stati destinati 601.458 euro per coprire le perdite maturate fino agli esercizi antecedenti al 2024. A complicare il quadro, anche qui esiste un finanziamento attivato nel 2019 con Deutsche Bank, la cui ultima rata è in scadenza a fine novembre prossimo.

La scelta di Elkann, secondo quanto riportato nel bilancio della holding che controlla le due società, è deliberata: «I finanziamenti effettuati dai soci sono stati concessi al solo fine di evitare il più oneroso ricorso ad altre forme di finanziamento esterne alla compagine societaria». Un ragionamento lineare: meglio drenare risorse proprie che pagare interessi elevati alle banche. Ma il costo-opportunità resta il convitato di pietra: quanta liquidità personale si può continuare a destinare per difendere un’idea?


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