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Leggende del Piemonte
26 Novembre 2025 - 23:40
Nel territorio di Ronco Canavese, tra i boschi e i pascoli della Val Soana, sopravvive una delle figure più affascinanti del folclore piemontese: la faia, un essere sospeso tra luce e ombra, metà fata e metà strega. Secondo i racconti tramandati dagli abitanti delle valli, questa misteriosa donna avrebbe vissuto anticamente tra le montagne, diventando un punto di riferimento per i pastori.
La tradizione vuole che la faia fosse esperta conoscitrice delle erbe medicinali e delle loro proprietà, insegnando a chi viveva in quota come utilizzarle nel modo più efficace. Oltre alle arti curative, avrebbe trasmesso ai montanari anche competenze legate alla lavorazione del latte, rivelando persino un antico metodo per ricavare dal latticello — chiamato laità nel dialetto locale — un prodotto che un tempo veniva considerato più prezioso del burro e del formaggio.
Alcuni anziani del posto, fino a non molti decenni fa, sostenevano che la faia non fosse soltanto una leggenda, ma una donna realmente vissuta. La sua storia si sarebbe però conclusa tragicamente: si narra che, spinta da un improvviso impulso materno, avesse rapito un bambino.
L’episodio avrebbe scatenato l’ira degli abitanti, che la inseguirono senza tregua, costringendola alla fuga e al definitivo abbandono della valle.
In Val Soana esiste ancora oggi un luogo che alimenta questa narrazione: una grotta scavata nella roccia, situata in un punto particolarmente impervio. Le pareti sono ricoperte di incisioni di origine incerta, e la tradizione popolare l’ha identificata come l’ultimo rifugio della creatura.
Per questo viene chiamata da tutti Casa della Faia, un nome che continua a evocare il mistero di una figura sospesa tra mito, magia e memoria collettiva.
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