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Alta tensione a Torino

Lo Russo su Aska: "Parole incendiarie quelle del Governo, non andiamo in questa direzione. Abbassiamo i toni"

Le comunicazioni del sindaco di Torino a valle dello sgombero del centro sociale Askatasuna e della guerriglia nel corteo di sabato scorso

Lo Russo su Aska: "Parole incendiarie quelle del Governo, non andiamo in questa direzione. Abbassiamo i toni"

Sguardo a tratti rivolto verso l'alto, braccia conserte e un'insofferenza palpabile in attesa di potere avere la parola. E' il primo giorno di una settimana nuova. La settimana una dopo lo sgombero del centro sociale Askatasuna. E il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, ora come dopo l'assalto del quotidiano La Stampa e, prim'ancora, delle Ogr, lo scorso ottobre, è chiamato a rispondere di quello che, a buon diritto, può essere considerato il "patto della discordia" Un patto di "co-progettazione con i garanti del centro sociale Askatasuna di corso Regina 47 deliberato dalla maggioranza in Consiglio comunale il 12 gennaio 2024, che aveva messo fine all'occupazione abusiva iniziata nel 1996.

E' proprio da qui che parte Lo Russo, da una ricostruzione precisa e puntuale degli step che hanno portato a una regolarizzazione del centro, dopo i 28 anni circa di tolleranza di fatto. Uno dei tratti salienti il 17 marzo 2025: un’ordinanza dirigenziale dichiara l’inagibilità dell’immobile, con interdizione di tutti i piani ad eccezione di una porzione del piano terreno.

Il "nuovo" patto del 15 maggio 2025, prevedeva così tra le sue condizioni essenziali, l'inutilizzo di questi locali. Ed è proprio da qui che parte la violazione accertata lo scorso giovedì. L'innesco perfetto: «Viene esplicitata l’incompatibilità della presenza con l’interdizione, a tutela della sicurezza pubblica e privata». Da qui la richiesta al Comune di attivarsi e la comunicazione ai garanti di Aska che il Patto era cessato.

«Un patto presuppone responsabilità e volontà. Ci abbiamo creduto e messo in campo ogni strumento di confronto», spiega il sindaco, rivendicando il dialogo. «Governare – ha aggiunto – vuol dire tentare soluzioni. Rinunciare non è prudenza, è rinuncia alla responsabilità». L’operazione del 18 dicembre, ha ribadito, «non è stata una scelta politica o amministrativa, ma giudiziaria».

La condanna delle violenze resta netta: «La libertà non è libertà di praticare la violenza. Quando quella linea viene superata, si passa dalla parte del torto». Ma dal sindaco arriva anche un avvertimento: «Non accettiamo lezioni da nessuno. Le dichiarazioni incendiarie di alcuni ministri, che evocano ruspe sui centri sociali, sono semplificazioni pericolose, che mirano a distrarre l’opinione pubblica», dice.

Poi l'appello alla città, alle istituzioni e alle forze politiche: "Teniamo bassi i toni. Siamo dentro una fase delicata, complessa, che richiede misura, consapevolezza e soprattutto senso del limite. Alzare il livello dello scontro, semplificare o radicalizzare non colpisce questa amministrazione, colpisce la città, rischiando di vanificare quanto di positivo, di bello e di utile, con grande fatica, Torino sta costruendo ogni giorno con i suoi cittadini".

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