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Il reportage

In volo con il 118: ecco gli elicotteri che salvano dieci vite al giorno

Viaggiano a 300 chilometri orari per tutto il Piemonte: «Ma ci servono più basi per atterrare»

Squilla il telefono in strada della Berlia, confine fra Torino e Collegno. A chiamare è un infermiere della Centrale operativa del 118: «Abbiamo un precipitato alla ferrata della Sacra di San Michele: è un uomo di 38 anni, appeso in parete».

Comincia così uno dei circa dieci interventi che svolge, ogni giorno, il Servizio regionale di elisoccorso. Un servizio fondamentale per salvare la vita ai pazienti più gravi, che non se la caverebbero con le ambulanze. Così arrivano gli elicotteri, in grado di correre a 300 chilometri orari (150-160 nodi).

Come funziona l'elisoccorso

«Il servizio regionale di elisoccorso della Regione Piemonte è una struttura complessa appena passata sotto l’Azienda Zero - premette Roberto Vacca, medico e direttore del servizio - Le nostre basi di elisoccorso sono piazzate ai quattro quadranti della regione: Cuneo, Alessandria, Borgosesia (Vercelli) e Torino, l’unica che svolge anche l’attività notturna dalla fine del 2014. Abbiamo 218 aree per atterrare di notte in tutto il Piemonte, con la possibilità degli atterraggi anche fuori campo: dal 1° gennaio è possibile grazie ai visori notturni utilizzati dai piloti».

In generale il servizio è operativo dall’alba al tramonto. Quindi l’attività diurna è più breve d’inverno e più lunga d’estate, con 14 ore di disponibilità quando c’è più luce. L’orario di apertura e chiusura è sfalsato fra le varie basi, in modo che ci sia sempre almeno un elicottero operativo durante le ore di luce e si “incastri” con l’attività notturna. Anche perché ogni elicottero ha un’ora di “fermo macchina” al giorno per la manutenzione.

Migliaia di missioni medici, infermieri, piloti e tecnici

«In media svolgiamo tra i 3.200 e i 3.400 interventi l’anno: sono quasi dieci al giorno. I numeri cambiano in base alla stagionalità e alle condizioni atmosferiche: quando c’è più nebbia, si vola meno».

A bordo ci sono sempre cinque o sei persone: un pilota, che di notte diventano due; un tecnico di volo; un tecnico del Soccorso alpino; un infermiere e un medico (per lo più specialisti in Anestesia e Rianimazione o Medicina d’urgenza).

I medici lavorano in ospedale e seguono corsi ed esercitazioni per svolgere due o tre turni al mese sugli elicotteri: «Al momento abbiamo 69 medici, 72 infermieri e 42 tecnici del Soccorso alpino» elenca Vacca. Che rientra nel primo elenco: «Faccio questo mestiere da quasi 23 anni ma ho ancora tanta passione. Il bello è vivere insieme nella base e lavorare in squadra, senza che nessuno dia ordini agli altri: abbiamo professionalità diverse ma siamo tutti qui con l’obiettivo di salvare vite. Il lavoro è complesso e ci sono tanti momenti di difficoltà, soprattutto quando non si riesce a raggiungere quell’obiettivo».

Quando interviene l’elisoccorso? «Per esempio, quando un’ambulanza medicalizzata ha soccorso un paziente con un infarto ma è lontana da un ospedale in grado di gestire quella patologia “tempo dipendente”: così si organizza un “rendez vous” con l’ambulanza per recuperare il paziente e portarlo rapidamente in ospedale. Poi facciamo gli interventi primari in ogni luogo del Piemonte, in caso di incidenti, infarti, ischemie cerebrali. Ci sono anche i trasporti secondari da un ospedale all’altro e i soccorsi in luoghi ostili, disagiati e alpini». Come quello alla Sacra di San Michele, che “costringe” la squadra a correre verso l’elicottero e partire verso il paziente. Uno dei tanti da salvare: «Ricordo quella turista francese di 65 anni che si è sentita male fuori dalla chiesa a Claviere, lo scorso febbraio - ricorda Marika Olivetti, infermiera - I passanti l’hanno salvata grazie a un defibrillatore e alle nostre indicazioni a distanza. Così, quando siamo arrivati con l’elicottero, è stata rianimata e stabilizzata per andare in ospedale: è finito tutto bene grazie a una catena eccezionale e all’aiuto sul posto. Altrimenti la signora sarebbe morta».

«Servono più basi per farci atterrare»

Riprende Vacca: «Oltre al miglioramento della performance operativa notturna, di recente abbiamo anche firmato un importantissimo accordo con la Regione Lombardia, che permette l’uso reciproco degli elicotteri in caso di interventi sulle aree di confine. In futuro prevediamo un accordo analogo con la Liguria, con cui c’è già una stretta collaborazione». Idem per la Francia e la sua gendarmerie, con cui il Servizio ha svolto due esercitazioni congiunte di recente: «Tutto questo ci permette di essere più efficaci ed efficienti per il soccorso dei pazienti. E non bisogna dimenticare anche il grande lavoro di chi sta dietro le quinte: le Centrali operative 118 svolgono un ruolo fondamentale nella gestione delle missioni di elisoccorso».

Roberto Vacca, direttore del Servizio regionale di elisoccorso


Cosa manca? «Andrebbero sistemate le infrastrutture a servizio dell’elisoccorso, che ospitano le basi operative: hanno tutte più di vent’anni». Un’altra importante criticità è la carenza di elisuperfici ospedaliere certificate, cioè quelle aree che permettono di atterrare vicino agli ospedali. In Piemonte sono quattro, al Cto di Torino, ad Alessandria, Cuneo e Novara: «Solo la prima è nell’ospedale, le altre sono distanti. Poi ci sono elisuperfici negli ospedali di Biella, Rivoli, Susa e Pinerolo ma non tutte sono notturne. E’ un aspetto infrastrutturale che andrebbe migliorato».

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