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L'intervista della settimana
24 Settembre 2023 - 10:01
Carlo Costa non riusciva più ad alzarsi dal letto dopo il Covid. Fino a quando ha incontrato Thor, un cucciolo di lupo cecoslovacco che ora è il suo compagno di vita. E i due insieme scalano le montagne, con il sogno di arrivare in cima al Monte Bianco.
Com’è nata questa passione?
«Il punto di partenza è stata proprio la malattia: ho preso il Covid alla seconda ondata, fra ottobre e novembre 2020. Sono stato malissimo e ho rischiato anche di perdere mio padre. Poi non riuscivo a rialzarmi: non respiravo, era diventata un’impresa anche alzare la testa dal cuscino».
Oltre che dal punto di vista fisico, il virus ha colpito anche sul piano mentale.
«Sì, mi è rimasto un senso di solitudine enorme. Quando ho ricominciato a lavorare, dovevo chiedere aiuto per tutto».
Fino ad aprile 2021, quando è arrivato Thor.
«Ho sempre desiderato un cane, magari un pastore tedesco. Mi sono guardato intorno e ho scoperto un allevamento amatoriale di lupi cecoslovacchi a Brescia. Sono andato e ho preso questo cucciolo, con cui è stato amore a prima vista».
Carlo Costa, 29 anni, é operaio in una fabbrica ed è originario di Cuorgnè. Oggi abita poco distante, a San Colombano Belmonte, paese del Canavese. A fine 2021 si è ammalato di Covid: il virus lo ha abbattuto, sia fisicamente che psicologicamente. Fino a quando, nella sua vita, è entrato un lupo cecoslovacco: Costa ha preso Thor quando aveva 90 giorni. Oggi ha 2 anni e mezzo e insieme scalano le montagne più alte del Piemonte. E raccontano la loro avventure sulle pagine Instagram e Facebook intitolate “Mountaineer dog’s”.
Si può dire che ti ha salvato?
«Assolutamente sì: questi cani hanno bisogno di fare tanto movimento e Thor mi ha “spinto” a riprendere a uscire e a camminare. All’inizio giravamo per le colline qui in Canavese, poi le montagne della Valle Orco».
E siete saliti sempre di più.
«Siamo andati a mille metri, poi 2mila. I primi 3mila li abbiamo toccati quando siamo saliti al Rifugio Mezzalama, in Val d’Ayas».
Ma eri già appassionato di montagna prima?
«Non più di tanto, mi piaceva ma facevo altri sport. E’ stato Thor a trascinarmi, soprattutto grazie al rapporto speciale che si è creato fra di noi sin dall’inizio: ci capiamo al volo, lui mi conosce e io conosco lui».
Forse ha capito che doveva essere lui a “tirare”.
«Sì, pur essendo molto empatico e paziente. Non ha mai fatto disastri se non lo portavo in giro».
E adesso?
«Siamo saliti su dieci vette dai 3mila metri in su e puntiamo a farne altre dieci nei prossimi mesi. Nel mezzo, abbiamo fatto anche sei scalate sui ghiacciai a 4mila: il nostro massimo è stato la Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa a 4.550 metri sul Monte Rosa. Siamo andati due giorni con una guida alpina, partendo alle 4 del mattino. Cerchiamo di non partire mai da soli.
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E’ pericoloso andare così in alto con un cane?
«Di certo bisogna fare attenzione a sè stessi e al cane. Finora noi non abbiamo mai avuto problemi e ho sempre trovato persone contente di avere Thor in cordata. Anche se, nel primo 4mila a Cervinia, delle persone non ci hanno accompagnato anche per la sua presenza. Siamo poi andati da soli ma altri ci hanno permesso di accodarci a loro. Da quel momento tutti sono sempre stati gentili, anche se io ho preferito pagare una guida alpina per essere sicuro: vedo tanta gente che sale in montagna senza le giuste precauzioni per loro e per i cani».
Cosa intendi?
«Ho incrociato una coppia con un cagnolino che girava libero a due passi dai crepacci. Come quelli che salgono sul ghiacciaio in tuta, felpa e scarpe da ginnastica. Infatti si sentono sempre più incidenti. La montagna va rispettata, altrimenti te la fa pagare cara, soprattutto con i cambiamenti climatici».
Ma Thor è felice di fare queste scalate?
E’ il dubbio che aveva la guida quando siamo saliti a Capanna Margherita. Gli ho risposto: “Giudica tu”. Dopo due giorni ha avuto la conferma che è il cane più felice del mondo: è sereno, non si ferma e non si lamenta mai. Anzi, si arrabbia quando facciamo una pausa. Se gli dico “Thor, andiamo in montagna!”, lui comincia a saltare per la gioia».
Dev’essere impegnativo, anche dal punto di vista economico.
«Sì, fra attrezzatura e cibo specifico per Thor il costo non è indifferente. Per fortuna i miei genitori mi aiutano, anche perché adorano anche loro il cane e hanno capito quanto mi abbia aiutato».
Qual è l’obiettivo finale?
Intanto ho preso l’attestato da educatore cinofilo. Poi abbiamo un sogno: eguagliare il record con un cane ad alta quota, cioè salire sul Monte Bianco.
Parli sempre al plurale, a conferma dell’unione fra Carlo e Thor.
«Per me non c’è montagna senza di lui: l’unica volta che sono salito da solo è stato per fare un corso di preparazione. Thor non è un cane che mi accompagna: è la mia anima e il mio compagno di vita. E il suo affetto è stato riconosciuto anche dal Premio internazionale per la fedeltà del cane».
D’altronde ha fatto la differenza nella tua vita. E ora la vostra storia può ispirare gli altri.
«Me lo fanno notare in tanti. A me viene solo da dire che la vita è breve, quindi non bisogna mollare mai: si deve sempre provare a raggiungere i propri obiettivi. Poi, se si riesce a farlo con un cane accanto, diventa ancora più bello».
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