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Il reportage

Dagli Agnelli a Sgarbi, chi sono i "cacciatori di tesori" che trovano i capolavori scomparsi

Viaggio nel caveau dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio, tra quadri di Tiziano e anfore romane

Quanti sanno che, a due passi dal Duomo di Torino, c’è un caveau pieno di opere d’arte inestimabili? Pochissimi, probabilmente. Così come sono in pochi a sapere che esiste un reparto dei carabinieri incaricato di proteggere i capolavori presenti in Italia: qualcuno li chiama “investigatori dell’arte”, altri li definiscono “cacciatori di tesori”. Il nome ufficiale è Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, salito alla ribalta negli ultimi giorni per l’indagine a carico di Vittorio Sgarbi. Ed è solo l’ultimo giallo che riguarda quadri e sculture: basti pensare a quello della collezione dell’Avvocato Gianni Agnelli, su cui sono in corso inchieste a livello internazionale e liti sull'eredità fra Margherita Agnelli e i suoi figli John, Lapo e Ginevra Elkann.

In questo quadro fatto di intrighi e misteri, lavora anche la squadra del Nucleo competente su Piemonte e Valle d’Aosta. Ha sede in via XX Settembre, conta dieci militari ed è stato guidato per sette anni dal colonnello Silvio Mele: «Il nostro ruolo è tutelare le opere d’arte presenti sul territorio italiano e siamo gli unici deputati all’attività di recupero dopo furti e “sparizioni” - presenta Mele, trasferito di recente al Comando provinciale di Alessandria e sostituito dal capitano Ferdinando Angeletti - Pensiamo alle chiese depredate nel corso dei secoli: noi facciamo ricerche archivistiche, guardiamo vecchie foto di matrimoni e le confrontiamo con le immagini presenti nelle nostre banche dati. Così riusciamo a intercettare tesori che erano scomparsi e che magari sono riemersi in un’asta. Così abbiamo trovato una scultura lignea del 17esimo secolo rubata una chiesa di Tossicia, in Umbria: circolava sul mercato a centinaia di miglia di euro. L’abbiamo trovata nel caveau di una banca».

A proposito di caveau, anche il Nucleo Tutela Patrimonio ne ha uno. Contiene sculture e quadri sequestrati nel corso del tempo e ora in attesa di essere analizzati e messi in mostra: fra gli altri, anche opere portati via dall’Ucraina dopo lo scoppio della guerra. Da lì sono passati anche gli 86 reperti archeologici, tra anfore romane e vasi etruschi, che i carabinieri hanno recuperato su segnalazione degli eredi di una ricca famiglia torinese.

«Il nostro caveau è un locale a temperatura e umidità controllata, dove teniamo le opere di maggior pregio - sottolinea il colonnello - Ci sono quadri con storie di ogni tipo: uno è stato trovato nei rifiuti ma potrebbe appartenere a qualche chiesa. E abbiamo un’opera attribuita a Tiziano e confiscata in una recente indagine».

Si tratta del “Ritratto di gentiluomo col berretto”, valutato 11 milioni di euro: era sparito nel 2004, quando due imprenditori svizzeri lo avevano portato oltre confine in modo illecito (la legge dice che nessuna opera d’arte può uscire dall’Italia senza l’autorizzazione dell’Ufficio esportazioni). Mele e i suoi uomini lo hanno rintracciato poco più di un anno fa ad Asti: «Ma c’è una disputa sull’attribuzione perché ci sono esperti che lo ritengono un Tiziano mentre Sgarbi sostiene il contrario».

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