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SCIOPERO NAZIONALE

Il grido di dolore dei metalmeccanici: «Tra dieci anni Mirafiori si spegnerà»

Lavoratori dell’industria e dell’automotive in sciopero: «50mila posti di lavoro a rischio, il governo ci aiuti»

Il grido di dolore dei metalmeccanici: «Tra dieci anni Mirafiori si spegnerà»

Giornata di sciopero nazionale per i lavoratori metalmeccanici che questa mattina hanno protestato in piazza Castello sostenuti dalle sigle sindacali Fiom, Fim e Uilm, per chiedere al governo di rilanciare l’industria e creare nuova occupazione.

Una piaga, quella del calo dell’occupazione, che qui a Torino conosciamo bene. Soprattutto a Mirafiori: «La fabbrica dal al 2014 a oggi ha perso il 38% della forza lavoro e i 4.500 operai rimasti hanno un’età media di 56 anni e non ci sono assunzioni in programma, ciò significa che tra 7 anni il 70% degli operai andrà in pensione e tra 10 anni Mirafiori si spegnerà del tutto». Così Edi Lazzi, segretario generale della Fiom-Cgil di Torino, intervistato a margine della manifestazione in piazza sotto la Regione che ha appena lanciato la nuova Accademy della Mobilità con l’obiettivo di facilitare le persone a trovare lavoro. «Possiamo fare tutte le Accademy che vogliamo ma se non arriva lavoro e produzione servono a poco, è come mettere il carro davanti ai buoi» dice Lazzi sottolineando: «la necessità di avere un progetto su Torino. Io credo - aggiunge - che si debba seguire la via dell’energia pulita con il fotovoltaico, e portare qui la fabbrica delle batterie, la prima è andata a Termoli, ma ne serviranno altre. Invece al momento è tutto fermo: il centro del riciclo a Mirafiori non è ancora partito a due anni dall’annuncio e il Green Campus non è la soluzione. È necessario produrre nuovi modelli per creare occupazione».

A parte la 500 elettrica, le altre linee produttive non decollano. «C’è da sviluppare la produzione della Maserati che è ai minimi storici, le berline e i suv devono essere rilanciati» evidenzia il segretario nazionale Fim-Cisl, Ferdinando Uliano. «Il governo - aggiunge - deve mobilitarsi per facilitare la transizione elettrica in atto».

Anche perché sono davvero tanti i posti di lavoro a rischio: in tutta Italia i sindacati ne hanno stimati 50mila, tra cui in Piemonte, quelli dell’ex Ilva di Novi Ligure e della Lear di Grugliasco.

«Noi siamo qui a Torino, città simbolo dell’industria italiana e dell’automotive in particolare, con una filiera e indotto di piccole e medie imprese che risultano le più colpite da una transizione ecologica non governata. In questi mesi abbiamo ascoltato e letto tanti annunci e tante dichiarazioni alla stampa ma zero fatti. Abbiamo ascoltato solo parole vuote mentre il 70% delle crisi al Mimit riguardano il nostro settore non venivano risolte con oltre 50 mila lavoratori e intere filiere a rischio» ha detto il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella.

I lavoratori in protesta in piazza Castello provenivano da varie fabbriche di tutto il Piemonte, con punte tra il 70% e il 90% nel torinese, alla Ethos Energy, Alessio Tubi, Webasto, Dana Graziano, Cornaglia, Sogefi, Sodecia, Ma, Tiberina, Magna Olsa, Tc Connectivity, Primotecs, Valeo, Sata, Cellino, Marelli e Avio Borgaretto.

Presenti anche gli orafi che lavorano alla Mattioli e alla Cartier: «Guadagniamo quasi 400 euro in meno al mese rispetto ai metalmeccanici e non abbiamo un posto dove mangiare in fabbrica» fa presente Oscar Pozzati, coordinatore Uilm settore orafi.

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