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gioventù bruciata

In via Nizza il covo del rapper col crack. «Criminali? Il problema sono i social»

Dal suicidio in cella di Jordan Jeffrey Baby all'arresto di Lochito. Gli esperti: «I nostri ragazzi a rischio»

Il rapper Lochito, arrestato in via Nizza (e già rilasciato)

Il rapper Lochito, arrestato in via Nizza (e già rilasciato)

«Scusa, almeno mi lasci fumare?». Il rapper 19enne Lochito lo ripete spesso nel brano “Lucky”, da poco uscito. Chissà se lo ha detto anche ai poliziotti che hanno bussato in via Nizza, vicino a Porta Nuova, arrestandolo con altri due ragazzi 19enni con l’accusa di detenzione di droga ai fini di spaccio. Nel monolocale gli agenti hanno trovato del crack e hanno portato Lochito e i suoi amici in carcere. Già fuori di galera, fino al processo hanno però il divieto di dimora a Torino. Lochito era arrivato in città da Pordenone e, a quanto pare, abitava in via Nizza in un monolocale che era stato subaffittato. Dove spacciava droga. Ma è solo l’ultimo dei tanti rapper finiti nei guai con la giustizia in questi anni. Cantanti da centinaia di migliaia di followers sui social che spesso vengono “emulati” dai giovani, con conseguenze spesso gravi. Gli esperti sono preoccupati: «I rapper? Forse non sono loro il problema, ma l’accesso così troppo facile ai social da parte dei giovanissimi».

BABY GANG E LE PISTOLE
Lochito non è il primo esponente della musica rap (ma anche trap) a finire in manette. Baby Gang (un nome, una garanzia), rapper milanese da due milioni e 400mila followers su Instagram, da un mese è ai domiciliari a Lecco per avere sparato a un amico. Recidivo, quindi, e pure amante delle armi, Baby Gang, già condannato a 5 anni e 6 mesi di carcere per una precedente sparatoria avvenuta in corso Como, a Milano, in una “faida” tra rapper rivali. Cantante dal grilletto facile, e non è una battuta.

EL SERCHIA E GLI ALTRI
Droga alle popolari. Come quelle di corso Racconigi, case Atc dove abitava “El Serchia”, all’anagrafe Ali Bouchiba, arrestato insieme ad altri abitanti del complesso Atc in una maxi-operazione di polizia un anno fa che aveva permesso di trovare grandi quantità di droga e pure armi. Accusato di gestire lo spaccio nei palazzi, El Serchia si era difeso così: «Io alle popolari canto amore e vita». Intanto aveva patteggiato 2 anni e 8 mesi da scontare ai domiciliari, tornando quindi in corso Racconigi.

Da Torino a Bologna, è di ieri la notizia dell’arresto del trapper bolognese Medy Cartier. Misura arrivata dopo la decisione attraverso la quale il Tribunale di sorveglianza bolognese ha dichiarato l'esito negativo dell'affidamento in prova al servizio sociale per il trapper. Il tutto, in relazione alla sentenza della Corte d'Appello Sezione Minori del luglio 2022, con cui Medy Cartier era stato condannato a 5 mesi e 20 giorni per rapina e lesioni personali. Reati commessi quando era ancora minorenne. E che dire di Niko Pandetta, che cantava «maresciallo non ci prendi... pistola nella Fendi»? E’ stato arrestato un anno e mezzo fa, per spaccio ed evasione. Alla fine, il maresciallo l’ha preso.

LA TRAGEDIA DI JEFFREY
In mezzo a droga, pistole e arresti, anche una tragedia dietro le sbarre. Quella di Jeffrey Baby, trapper suicida nel carcere di Pavia. Era stato condannato per rapina e odio razziale e ha deciso di farla finita uccidendosi con una corda al collo. Prima del gesto estremo, una lettera alla madre. «Scusami per per non essere riuscito a essere il figlio perfetto né tantomeno mai un buon figlio», il messaggio, rivelato ieri sui social da Fabrizio Corona.

Jordan Jeffrey Baby

L’ALLARME DEGLI ESPERTI
Ma rapper e trapper (e soprattutto i contenuti delle loro canzoni) sono un problema per i giovani oppure no? «La maggiore accessibilità a Facebook, ma anche Instagram e TikTok può essere un problema. Il fatto che questi strumenti siano tanto pervasivi nella nostra vita può fare danni». E’ il pensiero di Orazio Pirro, direttore del Dipartimento materno-infantile dell’Asl e direttore della Neuropsichiatria infantile dell’area Torino sud. «Vietare i social? Non so quanto possa servire, con tutti i device che abbiamo a disposizione», prosegue il dottor Pirro. Stefano Bramante, psichiatra e psicoterapeuta, dichiara: «Perché i giovani sono a rischio? Sono più fragili, in quanto persone in crescita, la cui identità psicologica si sta strutturando e non essendo definita è, per definizione, più fragile e sensibile agli urti della vita. E sono tanti i fattori che contribuiscono ad aumentare il rischio di suicidi, genetici, biologici, culturali e sociali». Suicidi come appunto quello del rapper Jeffrey Baby, trapper, che si è impiccato in cella. Ma c'è un legame tra “entertainment” e suicidio? Può quello che guardiamo dietro lo schermo di uno smartphone, influenzarci fino al punto da credere che buttare le propria vita sia la scelta migliore? «Di suicidio - prosegue il dottor Bramante - si parla poco perché c'è tanta paura. Ai miei pazienti spiego che se una cosa è complessa va affrontata, anziché ignorarla: più di 700mila persone muoiono per suicidio ogni anno nel mondo e per ogni morte per suicidio ci sono in media 20 tentativi anti-conservativi non andati a buon fine. Questo ci fa capire l'importanza del fenomeno in termini numerici».

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