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L'inchiesta

Sfide killer per un "like" in più su Instagram e TikTok: «Bisogna vietarli»

L'appello dello psichiatra: «Mancano anche i valori: la formula del genitore-amico non funziona»

Sfide killer per un "like" in più su Instagram e TikTok: «Bisogna vietarli»

Appesi al retro degli autobus o in macchina sui binari del tram. Oppure sulle strade, a spostare fioriere e tirare nastri che potrebbero far cadere un motociclista di passaggio. E, ancora, giochi e scherzi via internet di bulli e cyberbulli: tutte “sfide killer” per qualche like in più sui social network. Che, come conseguenza, possono avere denunce, incidenti e addirittura vittime«Bisogna vietare l’iscrizione ai ragazzi sotto i 14 e 15 anni» è la sentenza del dottor Orazio Pirro. direttore del Dipartimento Materno-infantile dell’Asl Città di Torino e direttore della Neuropsichiatria infantile dell’area Torino Sud.

Il “gioco” che ritorna

Il medico si dice «preoccupato», lo stesso termine usato dall’assessore ai trasporti Chiara Foglietta. E’ stata lei, qualche sera fa, a rilanciare l’allarme per questi “giochi”: ha pubblicato la foto di due ragazzini appesi al bus 12 in largo Orbassano, «un gesto grave e molto pericoloso» secondo l’assessore.

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Lo stesso giorno è spuntata una foto praticamente identica, con un altro giovanissimo sul retro del 75 tra via Sempione e via Gottardo. In gergo si chiama “bus surfing” ed è l’ennesima follia degli adolescenti, che quasi sempre compiono gesti di questo tipo come sfida da pubblicare sui social network.

Ma sono solo due episodi che si aggiungono ad altri che hanno riempito le cronache torinesi negli ultimi mesi, anche con conseguenze tragiche: dalle auto sui binari del tram fino al lancio della bici dai Murazzi, giochi e scherzi fatti per divertimento e per emulazione. E per ottenere una maggiore visibilità con i propri coetanei in Rete. Un’ostentazione che diventa spesso un boomerang: basti pensare ai nove ragazzini denunciati per il nastro tirato a Settimo, che filmavano le loro bravate e poi se le mandavano in una chat WhatsApp intitolata “Gang”.

Così hanno aggravato la loro situazione, come quelli che si mostrano sui social con il bottino di furti e rapine appena commessi: «Per loro far vedere certi beni di lusso è uno status symbol, ma non si rendono conto che ci aiutano a risalire più facilmente agli autori dei reati» fa notare Emma Avezzù, capo della Procura dei minorenni.

Come si risolve?

«Abbiamo sollevato tutti questi problemi già 15 anni fa, quando sono emersi per la prima volta - ricorda Pirro - La devianza c’è sempre stata, di recente è emerso questo fenomeno nuovo delle sfide social che facciamo fatica a capire e intercettare. Anche noi medici ed educatori siamo in difficoltà perché dobbiamo trovare nuovi metodi per intervenire».


A cosa sono dovuti questi fenomeni? «Al di là del cattivo uso dei social network, purtroppo si è indebolito il sistema educativo e si è ridotta la distanza generazionale, col risultato che i ragazzi di oggi non hanno il senso del limite che avevano i loro coetanei del passato: mi spiace ma il concetto del “genitore amico” non funziona. Mamma e papà devono dare l’esempio, mettere delle regole e porre dei limiti».
Come si risolve allora? «Io porrei un limite normativo a certi strumenti, visto che molti genitori non ce la fanno. Da anni dico che vorrei mettermi in piazza Castello a raccogliere le firme per vietare l’uso dei social network sotto i 15 anni».

«Così prendiamo i like su TikTok»

Diego ha lo sguardo fisso sul telefono, lo alza solo per mostrare lo schermo all’amico che ha di fianco. Poi, insieme, scoppiano a ridere di fronte all’ennesimo scherzo che un loro compagno di classe ha pubblicato nella chat. Loro non vogliono essere da meno, si guardano e decidono: pochi minuti dopo, Diego e il suo amico sono appesi al retro di un autobus che sta sfrecciando a 50 chilometri orari lungo uno dei corsi più trafficati di Torino. Un gesto rischiosissimo ma, una volta scesi, i due ragazzi alzano le spalle e sorridono: «Sai quanti like prende il video del “bus surfing” su TikTok?» chiede il ragazzino, appena 15enne.

Il nome è di fantasia ma il fatto è reale. Così come i motivi che spingono questi ragazzini a provare queste “challenge”, sfide che mettono in pericolo loro stessi e gli altri. Basti pensare anche a chi si ferisce sul viso fino a farsi venire la cosiddetta "cicatrice francese".

Lo spiega nel dettaglio ancora il neuropsichiatra Pirro: «E’ una forma nuova di devianza, che parte dalla mancanza del limite e da uno scarso rispetto dell’altro. Non sanno dov’è il confine tra libertà e responsabilità, arrivando fino a compiere reati». Forse l’obiettivo è proprio spingersi oltre i limiti? «Questo è normale per un adolescente che fa il complesso passaggio tra età infantile ed età adulta: i riti di iniziazione e le prove di coraggio ci sono sempre stati ma ora sono diventati patologici a causa dei social network. Di conseguenza, oggi i ragazzi cercano l’approvazione attraverso i like: più ne hai e più sei forte».

Il dottor Pirro definisce questo fenomeno come una «nuova fragilità narcisistica» da parte di questi giovanissimi. D’altronde si parla soprattutto di ragazzi tra i 14 e i 17 anni: «E’ naturale che cerchino la loro identità in un periodo complicato, in cui il loro fisico è più sviluppato del loro cervello - prosegue il neuropsichiatra - Quindi le capacità critiche non maturano allo stesso livello del corpo. Così i ragazzi sono spinti a dimostrare quanto sono forti senza pensare alle conseguenze delle loro azioni. In realtà è la dimostrazione di una nuova fragilità narcisistica». Con i social a peggiorare la situazione: «Espongono maggiormente questi ragazzi al rischio di emulazione e alla mercificazione delle emozioni, al contrario della riservatezza che dovrebbe essere normale a quell’età. Si rischiano fenomeni drammatici e terribili: noi vediamo giovanissimi che si chiudono in loro stessi, vanno in depressione e arrivano a compiere gesti autolesionistici».

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