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La manifestazione

Centinaia in piazza contro il caporalato nei vigneti Doc: «È una mafia»

Accordo "in diretta" fra sindacati e Regione: «Incontriamoci e allarghiamo il protocollo Saluzzo»

Centinaia in piazza contro il caporalato nei vigneti Doc: «È una mafia»

C'è un numero che più di tutti fa capire la gravità del fenomeno del caporalato e del lavoro nero: 4 miliardi. Cioè l'impatto economico stimato dalla Cgia di Mestre di un fenomeno che, poche ora fa, ha portato ad Alba centinaia di persone. Alla manifestazione, organizzata dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, hanno partecipato anche il vescovo di Alba, Marco Brunetti, il sindaco Alberto Gatto e l'assessore regionale all'agricoltura, Paolo Bongioanni, che ha anticipato l'intenzione di convocare i sindacati per la prossima settimana: «Obiettivo, applicare alla Langhe il protocollo Saluzzo». Una proposta subito accolta dai segretari regionali dei sindacati, che hanno sigillato con una stretta di mano la trattativa "in diretta".

La speranza di tutti è che finalmente si prenda di petto il problema dello sfruttamento, denunciato da anni ma esploso solo con le ultime inchieste di polizia e carabinieri. Anche perché quanto emerso finora, tra botte, lavoro nero e alloggi degradati, sarebbe solo una piccola parte: «È la punta dell'iceberg - riflettono il vescovo e don Mario Merotta, direttore della Caritas di Alba, che segue e accoglie alcuni dei braccianti - Noi denunciamo da tempo questo fenomeno, una piaga sociale che è nata 30 anni fa quando Alba e le Langhe hanno fatto il "boom": i primi braccianti, soprattutto macedoni, hanno fatto carriera e sono diventati caporali. Saranno pochi casi ma noi abbiamo denunciato più volte i problemi: ci hanno detto che danneggiavamo l'economia del territorio ma bisogna trovare un rimedio, anche perché non si possono pagare pochi euro lavoratori che aiutano a produrre bottiglie di Barolo da 80 euro».

Qual è la dimensione del fenomeno, dal vostro punto di vista? «Probabilmente gli operai regolarizzati sono 1 su 10 - stima Merotta, che paragona Alba a un Ferrero Rocher, "dorato fuori e marrone dentro" - Colpa di cooperative scorrette che continuano a operare, visto che non esistono quelle "white list" di cui parla qualcuno (come il presidente del Consorzio dei produttori su queste pagine, ndr). La verità è che i produttori si sono arricchiti, i loro figli viaggiano in Porsche e hanno bisogno di queste persone per coltivare, che spesso lavorano ore e ore per pochi euro. E non hanno neanche vitto e alloggio: nel nostro centro di prima accoglienza mettiamo a disposizione 18 posti letto, non credo che bastino. Come non credo che un imprenditore piemontese si affidi alla cieca e non sappia cosa succeda nei suoi campi». Infatti il questore di Cuneo, dopo le ultime operazioni, ha annunciato che ora le indagini si sarebbero allargate agli stessi imprenditori (come fatto a Saluzzo).

L'assessore Bongioanni assicura dal palco l'intenzione di «applicare in tempo zero alle Langhe il "protocollo Saluzzo": vogliamo mettere tutti attorno a un tavolo e dare aiuti ai lavoratori, a partire dai posti letto per chi lavora in maniera regolare». Così raccoglie l'approvazione dei sindacati. Però poi lui parla di «poche mele marce che insozzano un territorio vinicolo che i padri ci hanno regalato e i figli hanno portato in tutto il mondo: vanno tutelati loro e i lavoratori». Giorgio Airaudo (Cgil), invece parla di «un sistema, una mafia che governa la Ferrari del vino: sveliamo questa ipocrisia e combattiamo il caporalato, cioè vere e proprie mafie». Lo dice anche Luca Caretti (Cisl): «Lanciamo una sfida alle imprese: sediamoci attorno a un tavolo e costruiamo un nuovo sistema». Aggiunge Gianni Cortese (Uil): «Bisogna coinvolgere tutti e lavorare insieme, senza delegare a cooperative fasulle che non hanno motivo di esistere. Se non quello di determinare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo».

Perché, come ricorda Roberto Cerrato: «Il caporalato é una piaga con sacche profonde - riflette il presidente dell'Istituto italiano per la tutela del paesaggio vitivinicolo, che nel 2004 ha avviato la pratica per far sì che Langhe, Roero e Monferrato diventassero sito Unesco - Bisogna chiudere con l'omertà, visto che i braccianti stranieri sono il 95% dei lavoratori delle vigne: questo territorio non esisterebbe senza di loro. Eppure è un patrimonio dell'umanità, diventi anche patrimonio di umanità».

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