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L'EMERGENZA

Trenta casi di Vaiolo delle Scimmie in Piemonte, gli ultimi sette contagi da gennaio

Dopo l’allarme dell’Oms attesa una nuova circolare dal ministero della Salute alle Regioni

Trenta casi di Vaiolo delle Scimmie in Piemonte, gli ultimi sette contagi da gennaio

Sette casi in Piemonte e altrettante infezioni «importate» solo dallo scorso gennaio a oggi. Trenta contagiati in tutto curati nei nostri ospedali dal primo approdo dal Vaiolo della Scimmie all’ombra della Mole Antonelliana, ormai, due anni fa. Un tempo in cui, come ci spiega il direttore generale dell’Asl, Carlo Picco, «si è arrivati a definire già un protocollo di vaccinazione “su richiesta” e destinato a una popolazione con particolari comportamenti a rischio».

Lunedì parla il ministero
Non suona l’allarme ma, certamente, resta alta la guardia contro la nuova variante del Monkeypox - questo il nome del virus che ha riportato in Europa una malattia considerata debellata con “l’antivaiolosa” - che, negli ultimi trenta mesi, sta registrando un progressivo aumento dei casi della prima variante. Insomma, non quella per cui è risuonato nei giorni scorsi l’allerta generale dell’Oms e per cui - probabilmente già oggi - le Regioni riceveranno una nuova circolare dal ministero della Salute, come annunciato dal capo del Dipartimento della Prevenzione, Mara Campitello. «La situazione epidemiologica in Italia al momento è sotto controllo poiché non sono stati accertati casi del nuovo ceppo Clade I di Mpox» ha riferito il ministero, a seguito dell’accertamento del primo caso al di fuori dell’Africa della variante più pericolosa.

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Virus, vaccini, affari
Intanto, l’azienda danese Bavarian Nordic, produttrice del vaccino contro il Monkeypox, sarebbe pronta a iniettare sul mercato almeno 2 milioni di dosi - 200mila dovrebbe richiederle soltanto la Commissione europea a fronte di una produzione di oltre 2 milioni di farmaci entro il 2025 - ha chiesto all’Agenzia europea dei medicinali l’autorizzazione per l’uso negli adolescenti da 12 a 17 anni. «I nostri uffici sono in costante contatto con gli organismi internazionali, per elaborare misure condivise - ha aggiunto Campitiello -. Il ministero della Salute ha attivato i canali operativi con Aifa e Iss per la pianificazione di strategie di contenimento del rischio nell’eventualità di variazione dello scenario attuale; contestualmente si sta procedendo con il rafforzamento della rete di sorveglianza diagnostica su tutto il territorio nazionale. La scorta nazionale di vaccini al momento è sufficiente a garantire il fabbisogno e stiamo elaborando una nuova circolare informativa alle Regioni con indicazioni alla popolazione e agli operatori impegnati nei siti di frontiera».

«Sotto controllo»
Anche secondo il direttore del Dirmei, l’epidemiologo Giovanni Di Perri «questo è un allarme più generico, nel senso che è riferito eventualmente ai visitatori delle aree a rischio come quella centrafricana, tra le più densamente popolate nel mondo. Per chi proviene da questi paesi la raccomandazione è dunque quella di rivolgersi subito ai sanitari all’insorgenza di eventuali sintomi». E questi sono: febbre, dolore e linfonodi e, in particolare, «le tipiche pustole» che chi ha avuto il Monkeypox già conosce. «Il vantaggio rispetto al passato e al Covid è che la malattia è nota. Siamo abbastanza coperti laddove, due anni fa, eravamo ignari di questa realtà, perché era inconsueta. Oggi possiamo, se vogliamo, sfruttare sia le risorse diagnostiche che sono state approntate, ma anche la vigilanza medica, la cultura e l’esperienza che ci siamo fatti».

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