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13 Settembre 2024 - 15:29
Lucia Musti, nuovo procuratore generale del Piemonte
Criminalità organizzata, in particolare la 'ndrangheta. E poi i No Tav, ma soprattutto il caso più spinoso del momento, non solo in Piemonte: il carcere. Questi i temi affrontati oggi, venerdì 13 settembre, dal nuovo procuratore generale del Piemonte, Lucia Musti, durante il discorso di insediamento nell'Aula magna del Palagiustizia di Torino. Sulla tematica delle carceri, Lucia Musti ha usato due parole: «Indulto e amnistia, che però vanno opportunamente calibrati con cautela e solo su una parte della popolazione detenuta». Ma per il nuovo procuratore generale, indulto e amnistia «sono l'unico strumento efficace per contrastare il fenomeno del sovraffollamento delle carceri, che produce morte, illegalità e disapplicazione della carta costituzionale». Riguardo poi alla possibilità di costruire un nuovo carcere a Torino, in sostituzione del Lorusso e Cutugno, Lucia Musti afferma che «non è abbastanza, non è sufficiente».
Sul fronte 'ndrangheta, il procuratore ha affermato che presterà «massima e personale attenzione ai processi di criminalità mafiosa e ai processi riferibili a gruppi della federazione anarchica informale e all'antagonismo. La criminalità organizzata è un fenomeno a me ampiamente noto in quanto provengo da una realtà distrettuale, l'Emilia-Romagna, analoga a quella del Piemonte, che vede gli insediamenti mafiosi ormai consolidati e inseriti nella società e nell'economia locale».
Sessantasei anni, originaria di Sabaudia (Latina), il nuovo procuratore nel suo discorso di insediamento ha ricordato di avere trascorso tra Torino e Alessandria gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza «con la frequentazione scolastica dalle scuole elementari fino al penultimo anno dell'adolescenza». Quindi ha spiegato di avere scelto la sede piemontese, dopo avere operato a Cagliari, Trieste, Bologna e Gela «perché raccogliere le sfide e misurarsi con un distretto diverso da quelli che si conoscono è un'occasione straordinaria di servire il mio Paese e di crescita umana e professionale». Di Torino Musti ricorda da giovanissima «i cortei degli operai e degli studenti che percorrevano il centro durante l'autunno caldo, e gli anni del terrorismo delle Brigate rosse quando mio padre, ad Alessandria, era alle dipendenze del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa».
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