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L'inchiesta
04 Dicembre 2024 - 06:30
L’ultimo sequestro è di fine luglio: in tutto Procura e guardia di finanza hanno portato via 7 milioni e 700mila euro a Giorgio Molino. Perché l’accusa, per il Ras delle soffitte, è di aver incassato quasi 42 milioni di affitti in nero nel periodo 2019-2022. E di aver evaso le tasse grazie allo “schermo” di società e associazioni.
Ora il pubblico ministero Elisa Buffa ha chiuso l’indagine e ha chiesto il rinvio a giudizio dell’82enne Molino. Che rischia di tornare alla sbarra: l’ultima processo, in cui il Ras era imputato per emissione di fatture per operazioni inesistenti, è finita con il proscioglimento perché non è in grado di stare in giudizio a causa dei problemi di salute.
In questa inchiesta Molino risponde di frode fiscale, truffa ai danni dello Stato e autoriciclaggio per aver affittato in nero parte del suo impero di 1.418 immobili: soffitte umide e bollenti, cantine chiuse fra quattro pareti di cemento armato, micro alloggi imbottiti di immigrati e sparsi per tutta la città, da via Nizza a Barriera di Milano.
Il Nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle, insieme alla polizia locale, ha ricostruito una galassia di società che rimandano tutte a Molino e alla ”casa madre” di corso Principe Oddone 19. L’ipotesi di accusa è che i contratti d’affitto, quando c’erano, passassero da associazioni di promozione sociale come la A.T., la Santa Giulia e la P.O. 19. Associazioni che, per definizione, sarebbero senza scopo di lucro. In realtà erano solo la facciata di una galassia di 18 società semplici, srl e sas, incastonate una dentro l’altra. Si possono chiamare scatole cinesi o Matrioska russe, il risultato non cambia: Immobiliare San Giuseppe, Medea Uno, Acaja, Beatrice, Servizi Commerciali Immobiliari, Valle Pellice Immobiliare, Claudio, www.affittitorino.org, Secim, solo per citarne alcune.
Una parte di queste società sono state create fra i 70 e i 50 anni fa, primi mattoni di un impero nato quando Molino era solo un ragazzo. E che ora è sconfinato. Anche se il figlio Giuseppe, notaio, e sua moglie Marianna Lucca sono subentrati in alcune delle società per provare a mettere ordine nella “galassia” dopo le dimissioni del Ras. Intanto sono scattati perquisizioni e i sequestri milionari su case, uffici e conti correnti: in uno degli immobili le unità cinofile “cash dog” hanno trovato oltre 270 mila euro in doppifondi ricavati nei mobili.
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