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L'editoriale
04 Giugno 2025 - 06:45
Torino, città magica, che non si fa mancare mai nulla: i gianduiotti, le auto parcheggiate in doppia fila, gli apericena e, di recente, un’inspiegabile passione per la ginnastica artistica involontaria. O meglio, la specialità olimpica della caduta libera sui marciapiedi. E non parliamo di un innocente inciampo occasionale; no, qui si tratta di una vera e propria epidemia cittadina che farebbe impallidire i responsabili della sanità pubblica, se solo non fossero impegnati a contare i lividi e le fratture dei torinesi. Il fenomeno, personalmente sperimentato sulla pelle e sul naso (il setto nasale rotto fa tanto “boxeur in pensione”), ha proporzioni bibliche. Via Manzoni, ad esempio, la conosco bene: marciapiede romantico, perfettamente decorato da quelle artistiche deiezioni canine che donano un tocco di imprevedibilità ad ogni passo. Bastano pochi istanti di distrazione, magari ripensando al film appena visto all’Ideal, e il gioco è fatto: ti ritrovi a terra, incollato al pavimento come una figurina Panini, ma meno dignitosa e decisamente più sanguinolenta.
Il comune di Torino, bontà sua, non lascia nulla al caso: ha messo a punto un sistema raffinatissimo per farci sentire amati e coccolati dai servizi sanitari cittadini. Per esempio, nel mio caso è bastato aspettare l’ambulanza e godere del tour notturno a sirene spiegate fino al Maria Vittoria, ospedale perfetto per chi cerca intrattenimento notturno fra chiacchiere con infermieri consolatori e code interminabili di caduti anonimi come me. Se l’esperienza personale non basta, la città mi ha offerto un bis con mia moglie, protagonista involontaria di un altro episodio degno di un film di Dario Argento, questa volta in Via Maria Vittoria. Anche lei, fedele alla moda cittadina, naso rotto, vestiti macchiati di sangue, consolata da commesse cinesi misericordiose che l’hanno raccolta come una bambola di porcellana precipitata dallo scaffale più alto. Attesa ospedaliera lunga, naturalmente, perché quando si tratta di fratture da marciapiede la concorrenza in sala d’attesa è agguerrita. Ma attenzione, non pensiate che sia solo una moda della nostra famiglia, di quei pochi sfigati che inciampano in continuazione. No, la farmacista - un’autorità del territorio più credibile del sindaco stesso - conferma che il giorno prima, proprio lì, davanti al negozio, un cliente è caduto all’indietro spaccandosi la testa con un virtuosismo da stuntman consumato.
Siamo davanti a una maledizione urbanistica che nessuno vuole spezzare. I soldi ci sarebbero pure, sia chiaro: il comune ha stanziato in passato milioni per manutenzione e ne ha spesi altrettanti per risarcire i pochi che hanno avuto la sfrontatezza di fare causa. Il che significa che se solo il cinque per cento dei malcapitati denuncia, le vittime dei marciapiedi torinesi sono migliaia ogni anno. Una strage silenziosa che continua indisturbata mentre Palazzo Civico con la sua giunta fighetta si occupa e si diletta con la “politica alta”, quella che tratta questioni fondamentali come festival, convegni sul futuro sostenibile e altre fumoserie che garantiscono titoli di giornale e post su Instagram, mica delle buche dentro cui ci cadono i fessi, il popolino ignorante che non guarda dove mette i piedi. E proprio perché incolto molto probabilmente neanche li vota. L’incolumità dei cittadini non è un tema che appassioni i nostri amministratori. La giunta si muove con l’efficacia di un’auto in retromarcia con il freno a mano tirato. Vigili urbani sono ormai specie protetta, si vedono solo i loro vassalli ausiliari Gtt per il lavoro sporco dei divieti di sosta, il multificio è quasi ormai automatizzato da telecamere e autovelox piazzati strategicamente per coprire buchi di bilancio invece delle buche stradali, monopattinisti che trattano i portici come piste da gran premio, terrorizzando anziani e passanti indifesi.
E poi, l’immensa beffa delle piste ciclabili e delle strisce pedonali, diventate ormai leggenda metropolitana perché più evanescenti di un politico post-elezioni. Torino si conferma così, con un sadismo del tutto peculiare, città profondamente fedele alla sua tradizione: aristocratica nel far politica, aristocratica nel collezionare medaglie e pennacchi da mostrare agli amici milanesi o romani, ma insensibile fino al grottesco nei confronti di chi ha la colpa imperdonabile di camminare per strada guardando davanti a sé e non in basso come fosse in cerca di funghi pregiati. Forse dovremmo arrenderci, cari torinesi: prendere atto che camminare in città è diventato uno sport estremo e munirci di casco, ginocchiere e, perché no, di una buona assicurazione sanitaria. Oppure aspettare che qualcuno in Comune inciampi nella propria incompetenza. Chissà, magari solo allora vedremo finalmente qualche marciapiede rattoppato. Fino a quel giorno, occhi bassi e piede lesto: la prossima buca vi aspetta.
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