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01 Settembre 2025 - 10:05
Mancano dodici giorni al suono della prima campanella e le scuole superiori si preparano a una piccola rivoluzione: il divieto di utilizzo dei cellulari in classe. Una novità che ha costretto gli istituti a rivedere regolamenti e organizzazione pratica, stabilendo regole precise su quando e come può essere usato lo smartphone, cosa succede se squilla durante la lezione e quali sanzioni scattano per chi viene sorpreso a usare il "secondo cellulare" durante le verifiche, pratica ormai diffusa.
Le conseguenze non sono da sottovalutare: si parte dalla nota disciplinare, ma per i recidivi il divieto si riflette direttamente sul voto in condotta. Un dettaglio tutt'altro che insignificante, considerando che quest'anno la valutazione del comportamento diventa più severa: con il 5 si boccia, con il 6 scatta il rinvio a settembre con l'obbligo di elaborare un testo critico su temi di cittadinanza attiva. Nel triennio finale, inoltre, il voto in condotta influisce sui crediti per la maturità.
Nonostante le proteste dei ragazzi, l'opinione pubblica sembra schierata a favore del divieto. Secondo l'indagine "Il sistema scolastico italiano", realizzata da Swg, Kpmg e ministero dell'Istruzione, il 76% degli italiani è d'accordo sul vietare l'uso del cellulare in classe.
Il consenso è trasversale: non solo genitori e over 55, ma anche chi non ha figli e persino i più giovani reputano giusta la misura. La stessa indagine rivela che oltre tre italiani su quattro vorrebbero una legge che limitasse l'accesso ai social a chi ha almeno 15 anni, proposta già avanzata da psicologi e pedagogisti. Una posizione quasi plebiscitaria, più forte tra gli over 55 ma sostenuta ampiamente anche dai giovani fino ai 34 anni.
LE PERPLESSITÀ DEI PRESIDI
Sul fronte dell'applicazione pratica, però, emergono le prime criticità. Il presidente dell'Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, definisce «totalmente irrealistico» il ritiro dei cellulari all'ingresso delle scuole: «A volte sento parlare di ritiro dei cellulari, della loro consegna all'ingresso delle scuole: ma sono tutte cose assolutamente irrealistiche, che non possono essere attuate in questo modo. Gli istituti non sono dotati di personale e spazi per fare cose del genere».
Un dibattito destinato a intensificarsi con l'avvio dell'anno scolastico, tra sostenitori della misura che la vedono come un ritorno alla concentrazione e allo studio, e chi solleva dubbi sulla fattibilità pratica di controlli capillari in aule sempre più affollate e con organici spesso ridotti all'osso.
La partita si gioca ora nelle singole scuole, chiamate a trovare il giusto equilibrio tra rigore educativo e sostenibilità organizzativa, in attesa di verificare se questa rivoluzione digitale riuscirà davvero a riportare l'attenzione sui libri piuttosto che sugli schermi.
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