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SALUTE
25 Settembre 2025 - 13:45
Nel 2050 il cancro potrebbe uccidere quasi il doppio delle persone rispetto a oggi. Un’emergenza in crescita costante, alimentata dall’invecchiamento della popolazione, da abitudini poco salutari e da sistemi sanitari non attrezzati in molte aree del mondo. A lanciare l’allarme è il Global Burden of Disease Study Cancer Collaborators, pubblicato su The Lancet.
Le previsioni sono nette: i casi annui di tumore passeranno da 18,5 a oltre 30 milioni (+61%), mentre i decessi saliranno da 10,4 a 18,6 milioni (+75%). Già oggi, quasi la metà dei decessi per cancro è legata a fattori evitabili. Nel 2023 il 42% delle morti – 4,3 milioni di persone – è stato causato da comportamenti o condizioni modificabili: in cima alla lista il tabacco (21%), seguito da dieta poco equilibrata, abuso di alcol, obesità, esposizioni professionali, inquinamento e rapporti sessuali non protetti.
“Con quattro decessi su dieci attribuibili a cause note, esiste uno spazio enorme per intervenire e salvare vite”, osserva Theo Vos, ricercatore dell’Università di Washington. L’impennata prevista non nasce dal nulla. Dal 1990 al 2023 i casi di tumore nel mondo sono più che raddoppiati, mentre i decessi sono aumentati del 74%. Oggi le forme più letali sono quelle ai polmoni (2,04 milioni), al colon (1,11 milioni), allo stomaco (935 mila), al seno (778 mila) e all’esofago (577 mila).
“La crescita demografica, l’invecchiamento e la diffusione dei fattori di rischio spiegano gran parte di questa tendenza”, commenta Lisa Force, autrice principale dello studio e ricercatrice all’Institute for Health Metrics and Evaluation. La prospettiva più drammatica riguarda i Paesi a basso e medio reddito: qui, nel prossimo quarto di secolo, si concentreranno oltre la metà dei nuovi casi e due terzi dei decessi.
Dhimal, del Nepal Health Research Council, ha sottolineato che l’aumento dei casi di cancro nei Paesi a basso e medio reddito rappresenta una minaccia molto seria, ma ha anche ricordato che esistono soluzioni efficaci, sostenibili e applicabili persino in contesti con poche risorse.
Mentre gli studi globali lanciano l’allarme, la ricerca di laboratorio continua a cercare chiavi di lettura innovative. Al Sylvester Cancer Center dell’Università di Miami, gli italiani Antonio Iavarone e Anna Lasorella hanno dimostrato che l’aggressività di un tumore non dipende solo dalle sue caratteristiche genetiche, ma anche dalla posizione delle cellule. Il loro studio, pubblicato su Cancer Cell, mostra che le cellule raggruppate tendono a essere meno aggressive, mentre quelle isolate risultano più plastiche e capaci di diffondersi. Una scoperta che potrebbe aprire nuove strade terapeutiche non solo per il glioblastoma, il più aggressivo tumore cerebrale, ma anche per altri tumori solidi.
Il quadro che emerge è duplice: da una parte i dati epidemiologici mettono in evidenza un futuro carico di malattia sempre più pesante; dall’altra, la ricerca scientifica offre spiragli che potrebbero cambiare la prospettiva terapeutica. Prevenzione, diagnosi tempestive e accesso a cure efficaci restano però gli strumenti più concreti e immediati. Senza un impegno globale, avvertono gli esperti, la crescita costante del cancro rischia di trasformarsi in una delle più gravi emergenze sanitarie del nostro tempo.
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