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Salute
07 Novembre 2025 - 16:00
Molte famiglie italiane che assistono persone affette da Alzheimer o da malattie neurodegenerative continuano a sostenere spese che, in realtà, non dovrebbero ricadere su di loro. Secondo diverse sentenze recenti, le rette delle Rsa destinate ai pazienti con grave compromissione sanitaria devono essere coperte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tuttavia, la maggior parte dei familiari non è informata di questo diritto.
Quando la malattia progredisce e l’assistenza in casa non è più possibile, il ricovero in una residenza sanitaria assistita (Rsa) può costare da duemila a tremila euro al mese. Un onere difficile da sostenere per molti, considerando che in Italia si contano circa un milione di malati di Alzheimer e oltre tre milioni di caregiver tra parenti e assistenti.
Negli ultimi mesi, diverse Corti d’Appello hanno confermato un principio già noto: i pazienti con Alzheimer o demenza che ricevono prestazioni socio-sanitarie ad alta integrazione sanitaria non devono pagare la retta.
Tra i casi più recenti: la Corte d’Appello di Roma (sentenza n. 5696 dell’8 ottobre 2025) e la Corte d’Appello di Milano (13 ottobre 2025). Quest’ultima ha disposto la restituzione di oltre 100mila euro a una paziente che aveva pagato di tasca propria, riconoscendo la natura sanitaria delle cure ricevute.
Il principio si fonda sul D.P.C.M. 14 febbraio 2001, che definisce i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Le prestazioni socio-sanitarie vengono suddivise in tre categorie principali:
Sociali a rilevanza sanitaria, a carico dei Comuni, con compartecipazione del cittadino.
Sanitarie a rilevanza sociale, sostenute dalle Asl, con possibile compartecipazione dell’utente.
Socio-sanitarie ad alta integrazione sanitaria, interamente finanziate dal Fondo Sanitario Nazionale.
Nel caso dell’Alzheimer in fase avanzata, la componente sanitaria prevale su quella assistenziale, poiché il paziente necessita di cure terapeutiche continue e complesse. Di conseguenza, l’intera retta deve essere coperta dal SSN.
Per ottenere questa copertura, è necessaria una valutazione clinica che accerti la gravità del quadro e la necessità di assistenza sanitaria continuativa. Se la perizia medica conferma tali condizioni, il ricovero è gratuito. E se la famiglia ha già versato le rette, può richiederne la restituzione.
Secondo l’avvocata Laura Catania dello studio Morri Rossetti & Franzosi, uno dei problemi principali è la scarsa informazione: “Le Rsa spesso non segnalano alle famiglie la possibilità di chiedere la copertura da parte del Sistema sanitario. Così molte persone finiscono per pagare somme che, per legge, non sarebbero dovute”.
Nel 2025 era stato presentato in Senato un emendamento – ribattezzato ‘salva-Rsa’ – che prevedeva una parziale condivisione dei costi tra Stato e cittadini, ma il testo è stato bocciato dalla Commissione Bilancio.
La questione resta quindi irrisolta: senza una riforma chiara, ogni famiglia deve orientarsi tra burocrazia e tribunali per ottenere il riconoscimento di diritti già previsti dalla legge.
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