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Economia & Politica
18 Novembre 2025 - 13:50
Il cantiere della manovra somiglia a una di quelle officine dove ogni pezzo è necessario, ma nessuno sembra combaciare al primo colpo. Quasi 6mila richieste di modifica depositate, un saldo da blindare a 18,7 miliardi e appena 100 milioni di dote per eventuali aggiustamenti: come far quadrare il cerchio? La risposta che arriva dal Parlamento è un mosaico di emendamenti che non solo propongono cambiamenti, ma portano già con sé le possibili coperture, almeno sulla carta. Un gioco di incastri che dice molto della stagione politica e delle priorità dei partiti di maggioranza e opposizione, assiepati attorno ai 154 articoli del ddl Bilancio. Dove fra tassazione dell'oro nascosto degli italiani e la polemica sui profitti delle banche, si discute dei Paperoni stranieri che entrano in Italia: per loro un ticket d'ingresso da quasi 3 milioni di euro, però con gentile concessione dello sconto sulle tasse con la flat tax, in quella che diventa la "residenza di convenienza" (la Juve ingaggiò così Cristiano Ronaldo). Vediamo insieme i punti.
Una manovra con il freno a mano tirato (dai partiti)
Le proposte presentate dai partiti di maggioranza (1.600) e dalle opposizioni viaggiano sul filo di un vincolo severo: qualsiasi ritocco non può scalfire l’equilibrio dei 18,7 miliardi, se non attingendo a una riserva di soli 100 milioni. È il motivo per cui molti emendamenti, soprattutto quelli che tagliano risorse all’impianto complessivo, arrivano già corredati di “coperture alternative”: razionalizzazioni di spesa, ridirezionamenti di fondi esistenti, fino a misure una tantum dal sapore di sanatoria. Un cantiere complesso, in cui l’ingegneria di bilancio deve restare in equilibrio sulla trave stretta della sostenibilità. E del peso dei partiti messo alla prova della bilancia dei pagamenti.
Flat Tax per i nuovi residenti ricchi: paletti o favore?
Dentro le 4.100 pagine del fascicolo degli emendamenti emerge un’altra linea d’azione della Lega, anticipata da MF-Milano Finanza: subordinare l’accesso alla flat tax da 300 mila euro per i Paperoni stranieri neo residenti a un impegno di investimento minimo nell’economia reale. La griglia è dettagliata: 2 milioni destinati a Bot o altri titoli di Stato con scadenza almeno decennale; 500mila euro in società non quotate, fondi di venture o quotate sull’Egm, nonché in Pir o nel Fondo nazionale strategico indiretto; 250mila euro in startup innovative.
L’obiettivo è chiaro: trasformare un regime attrattivo in leva per capitali pazienti. Resta da capire quanto questi vincoli migliorino la ricaduta sull’economia senza sterilizzare l’attrattività fiscale verso i grandi patrimoni globali. E soprattutto se quei tre milioni di euro scarsi compensino la riduzione del gettito fiscale dei nuovi (ricchi) residenti.
Affitti brevi, cedolare secca e l'asse Lega-Fi
Sul fronte immobiliare, tra i segnalati della Lega figura la richiesta di sopprimere l’aumento della cedolare secca al 26% per chi affitta attraverso piattaforme online. Forza Italia condivide pienamente l’obiettivo. La misura taglierebbe un potenziale incremento di gettito, ma risponderebbe alle preoccupazioni di un mercato in ebollizione tra turismo, rendimenti e disponibilità di alloggi nelle città. Come conciliare la lotta agli squilibri urbani con la necessità di non penalizzare in modo indiscriminato i piccoli proprietari? Anche qui la risposta è politica prima ancora che contabile.
Il condono edilizio del 2003: un'eco che torna
Ha fatto rumore la proposta di Fratelli d’Italia di riaprire il condono edilizio del 2003. Misura formalmente nazionale, ma letta dalle opposizioni come intervento “mirato” alla Campania, che all’epoca non recepì la normativa, proprio alla vigilia delle elezioni regionali del 23-24 novembre. Un’ipotesi che intreccia urbanistica e consenso, con la consueta partita sulle entrate extra da regolarizzazione a fronte dei rischi di un segnale ambiguo sul rispetto delle regole. Riaprire quel varco significa recuperare gettito e legalità o rianimare l’idea che, prima o poi, si possa sanare tutto?
Articolo 18, il fronte più caldo sui dividendi
Il nodo più politicamente sensibile è l’articolo 18, che innalza la tassazione sui dividendi per le imprese con partecipazioni societarie inferiori al 10% dall’1,2% al 24%. Un salto che unisce, in modo bipartisan, chi chiede la soppressione della norma, accompagnandola con proposte di cassa alternative. Italia Viva, Forza Italia e Azione convergono sulla razionalizzazione della spesa e sul riutilizzo di fondi esistenti. La Lega, con un emendamento a prima firma del senatore Massimiliano Romeo, mette sul tavolo un’altra copertura: raddoppiare dal 2% al 4% l’aumento dell’Irap per banche e assicurazioni, portando le aliquote rispettivamente all’8,65% e al 9,90%. È la classica coperta troppo corta: si riduce la pressione sui dividendi delle holding, ma si alza quella su intermediazione creditizia e polizze. È la scelta più efficiente in un momento in cui il credito deve sostenere l’economia reale? La domanda resta sospesa, ma la direzione è tracciata.
La vera posta in gioco, oltre al saldo, è la qualità della crescita che queste scelte possono o non possono generare. Nel borsino parlamentare le proposte più controverse faranno da barometro: l’articolo 18 sui dividendi e il condono edilizio del 2003 sono destinate a misurare la tenuta delle alleanze e la capacità di compromesso. Il resto è una trattativa a incastri, dove ogni emendamento è anche un messaggio al proprio elettorato. E dove la tecnica dei conti pubblici, inevitabilmente, si fa politica.
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