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27 Dicembre 2025 - 08:35
Dal 2026 cambiano le regole per i proprietari che affittano immobili per brevi periodi. Con gli interventi inseriti nella Legge di Bilancio, il Governo ha modificato in modo significativo la disciplina delle locazioni brevi, con l’obiettivo di distinguere in maniera più netta l’attività occasionale da quella imprenditoriale. Le novità incidono soprattutto sul trattamento fiscale, sugli obblighi previdenziali e sugli adempimenti amministrativi richiesti ai locatori.
Il punto centrale della riforma riguarda la cosiddetta presunzione di imprenditorialità. La soglia viene abbassata: non sono più necessari cinque immobili, ma ne bastano tre concessi in locazione breve perché il proprietario venga considerato automaticamente un operatore economico. In questo caso scatta l’obbligo di apertura della partita Iva.
Sul piano delle imposte, il sistema della cedolare secca resta in vigore:
21% per il primo immobile affittato
26% per il secondo
Oltre questa soglia, però, si entra nel regime d’impresa, con regole completamente diverse.
Il conteggio viene effettuato per singolo contribuente e riguarda esclusivamente le unità immobiliari. Non rilevano quindi:
gli affitti brevi gestiti da comodatari o conduttori diversi dal proprietario;
le singole stanze affittate separatamente all’interno dello stesso appartamento, che continuano a essere considerate come un’unica unità abitativa.
Chi rientra ancora nella cedolare secca può determinare il reddito sulla base dei canoni percepiti, applicando una deduzione forfettaria del 15%. L’Irap non è dovuta, trattandosi di persone fisiche.
Attenzione però al regime forfettario: non è accessibile a chi supera i 35.000 euro annui di redditi da lavoro dipendente o pensione. In questi casi diventa obbligatorio il passaggio al regime ordinario, con un impatto fiscale più elevato. I lavoratori dipendenti, in particolare quelli del settore pubblico, devono inoltre verificare la compatibilità della partita Iva con il proprio impiego.
Il superamento del limite dei due immobili in locazione breve comporta non solo l’apertura della partita Iva, ma anche l’iscrizione alla gestione previdenziale, salvo copertura già esistente per altra attività. I contributi rappresentano uno degli aspetti più onerosi della nuova disciplina, perché:
non sono previsti per chi applica la cedolare secca;
diventano obbligatori nel regime d’impresa, con il rischio di sanzioni in caso di omissioni.
Per evitare l’inquadramento imprenditoriale, alcuni proprietari potrebbero scegliere di ridurre il numero di affitti brevi, spostando uno o più immobili su contratti di durata superiore ai 30 giorni. Non solo i classici contratti 4+4 o 3+2, spesso considerati troppo rigidi, ma anche contratti transitori da uno a 18 mesi.
Questa soluzione, tuttavia, non è sempre praticabile.
I contratti di durata limitata richiedono:
esigenze specifiche e documentabili;
nei Comuni sopra i 10.000 abitanti, il rispetto dei canoni stabiliti dagli accordi territoriali.
Se il contratto non è assistito dalle associazioni di categoria, serve un’attestazione formale, che nelle grandi città può richiedere tempi lunghi e procedure complesse.
Tra gli obblighi introdotti nel 2025 rientra anche il Cin, un codice univoco assegnato alle unità immobiliari destinate a:
locazioni turistiche;
affitti brevi;
strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere.
Il codice deve essere richiesto dal proprietario o dal gestore e diventa indispensabile per operare in modo regolare.
La procedura è articolata e spesso affidata a società specializzate. I passaggi principali sono:
presentazione della domanda sul portale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che equivale a una comunicazione di avvio attività;
trasmissione automatica al Comune competente;
verifica da parte del Suap, con tempi teorici di almeno 30 giorni;
rilascio del Cir (codice regionale);
ottenimento finale del Cin, rilasciato dal Ministero del Turismo.
Anche chi affitta saltuariamente la propria abitazione principale è coinvolto nel processo, segno di una chiara volontà di “professionalizzare” il settore.
Sono escluse dall’esposizione del Cin le strutture religiose no-profit che offrono ospitalità gratuita, anche in presenza di offerte volontarie. Gli agriturismi, invece, restano soggetti all’obbligo, indipendentemente dalle definizioni previste dalle singole normative regionali.
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