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Guerra dei dazi
30 Maggio 2025 - 18:15
La recente decisione della Corte del Commercio Internazionale statunitense di sospendere i dazi imposti da Donald Trump ha scatenato una reazione furiosa da parte del presidente, ma ha anche rimescolato le carte in mano all’Unione Europea, che si prepara a sfruttare questo nuovo contesto in occasione della riunione ministeriale OCSE prevista il 3 e 4 giugno a Parigi.
La risposta del presidente non si è fatta attendere. Su Truth Social, Trump ha denunciato la sentenza come «una decisione politica, profondamente sbagliata», accusando i giudici di nutrire «puro odio per Trump» e definendo lo stop ai dazi «la sentenza finanziaria più dura mai emessa contro di noi». Ha invocato un intervento urgente della Corte Suprema, sostenendo che le tariffe erano «essenziali per proteggere l’economia americana».
Ma le sue parole trovano sempre meno terreno fertile. L’ex consigliere economico della Casa Bianca Robert Wescott ha dichiarato che Trump non ha più il sostegno incondizionato del Congresso, dove anche tra i repubblicani cresce l’opposizione a politiche protezionistiche estreme. Un recente sondaggio indica che l’81% degli americani è contrario ai dazi voluti da Trump. Nel frattempo, Bruxelles si presenta al tavolo con una nuova leva negoziale. Il commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic intende chiedere chiaramente: «Si può prendere una decisione prima che finisca l’iter giudiziario americano?».
La Commissione Europea ha già elaborato proposte come una tariffa base fissa sotto il 10% o dazi settoriali modellati sull’accordo USA-Regno Unito. Ma non intende cedere su alcuni punti chiave, come la fiscalità europea (IVA) e le normative digitali, considerate pilastri dell'autonomia continentale. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha parlato di «una svolta epocale», sottolineando che il vero obiettivo è un’Europa indipendente, anche in ambito commerciale: «In fondo si tratta della nostra libertà».
Sul fronte orientale, la situazione resta tesa. I colloqui tra Stati Uniti e Cina sono «in una fase di stallo», ha ammesso il nuovo segretario al Tesoro USA Scott Bessent. Dopo una tregua di 90 giorni che ha ridotto i dazi dal 145% al 30% sui prodotti cinesi e dal 125% al 10% su quelli americani, i negoziati avanzano con fatica. La posizione di Pechino resta inflessibile, come ribadito dal ministero degli Esteri cinese. Le divergenze strutturali, soprattutto su questioni strategiche e tecnologiche, rendono difficile un compromesso duraturo.
In questo contesto globale incerto, l’economista e premio Nobel Michael Spence individua nell’Europa un potenziale protagonista: «Gli Stati Uniti stanno danneggiando sé stessi più del resto del mondo. Ma l’Europa ha una chance storica per diventare un attore centrale». Secondo Spence, Europa, Cina e altre grandi economie emergenti potrebbero coalizzarsi per sostenere un sistema multilaterale, ormai messo in crisi dalla politica americana. «I costi di abbandonarlo sarebbero altissimi», ha concluso.
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