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Etichetta alcolici
26 Luglio 2025 - 07:15
Immagine di repertorio
Il Governo irlandese ha annunciato il posticipo al 2028 dell’entrata in vigore delle nuove etichette sanitarie obbligatorie da applicare sugli alcolici, inizialmente previste per maggio 2026. La decisione allenta temporaneamente le tensioni commerciali e politiche emerse nei mesi scorsi, soprattutto da parte di alcuni produttori europei del settore vitivinicolo, ma non chiude il dibattito sulla regolamentazione dell'informazione al consumatore in ambito sanitario.
Le etichette, secondo quanto previsto dal regolamento irlandese già notificato alla Commissione europea, includerebbero avvertenze come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” o “l’alcol è collegato a tumori mortali”, senza distinzione tra tipologie di bevande né indicazione sulle quantità. La misura è stata sostenuta dal Governo di Dublino come iniziativa di salute pubblica per sensibilizzare sui rischi dell'alcol, analogamente a quanto avviene da anni con le sigarette. Tuttavia, diversi Stati membri dell’UE, tra cui Italia, Francia e Spagna, hanno espresso forte contrarietà, ritenendo che tali etichette possano costituire una barriera tecnica al mercato unico e compromettere settori economici strategici.
In Italia, le principali organizzazioni agricole e consortili del settore vitivinicolo, tra cui Coldiretti, hanno contestato l’iniziativa irlandese, sostenendo che l’introduzione di etichette allarmistiche sul vino sia fuorviante, in quanto non considera le modalità di consumo né la differenza tra uso moderato e abuso. Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo, ha ribadito che “assimilare il consumo tradizionale e culturale del vino ai modelli di abuso tipici di altri contesti è scorretto e rischia di danneggiare ingiustamente un prodotto di qualità, simbolo del Made in Italy”.
Dal punto di vista commerciale, l’Italia è il principale esportatore mondiale di vino, con un giro d’affari superiore ai 7 miliardi di euro annui solo all’estero, di cui una parte significativa destinata proprio al mercato europeo. Secondo i dati ISTAT, l’export del vino italiano ha già registrato rallentamenti in alcuni mercati internazionali, anche a causa di barriere non tariffarie e di nuove campagne sanitarie restrittive. Il timore degli operatori del settore è che l’etichettatura irlandese crei un precedente, aprendo la strada ad altre iniziative analoghe in altri Paesi UE o extra-UE.
La questione si inserisce in un contesto europeo più ampio, che vede il Parlamento e la Commissione impegnati nella promozione di politiche per la salute pubblica, ma anche nella tutela del principio di proporzionalità e di libera circolazione delle merci. A livello giuridico, resta da chiarire se un'etichettatura nazionale così specifica, seppur motivata da esigenze sanitarie, sia compatibile con il diritto dell’Unione.
In attesa del 2028, il rinvio deciso dall’Irlanda apre uno spazio di discussione tecnica e diplomatica che potrebbe essere sfruttato per rivedere la misura, uniformare eventuali etichette a livello comunitario e trovare un equilibrio tra tutela della salute e salvaguardia dei comparti produttivi.
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