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ECONOMIA & LAVORO
28 Settembre 2025 - 17:20
Essere freelance non significa rinunciare a tutele fondamentali come la maternità o la paternità. Spesso si pensa che solo chi ha un contratto fisso possa contare su indennità e congedi, ma non è così: anche i lavoratori autonomi e i collaboratori iscritti alla Gestione Separata dell’Inps hanno diritto a un sostegno economico. La differenza con i dipendenti esiste, certo, ma l’Istituto ha chiarito regole e condizioni con una guida che vale la pena conoscere.
Per avere accesso all’indennità bisogna essere iscritti alla Gestione Separata, non risultare pensionati, non avere altre coperture obbligatorie per la maternità e aver versato almeno un mese di contributi nei dodici mesi precedenti l’evento. In caso di collaboratori, se il committente non ha provveduto ai versamenti, l’indennità viene comunque riconosciuta grazie al principio dell’automaticità delle prestazioni. Diverso il discorso per i liberi professionisti, che restano sempre responsabili dei propri contributi.
Il periodo di maternità coperto dall’Inps è di cinque mesi: due prima del parto e tre successivi, a cui si aggiunge il giorno della nascita. A differenza dei dipendenti, non c’è obbligo di sospendere l’attività lavorativa: si può continuare a lavorare e percepire comunque l’indennità. Se invece ci sono gravi complicanze o condizioni di lavoro rischiose, la ASL o la Direzione territoriale del lavoro possono imporre un’astensione anticipata o prolungata fino a sette mesi dopo la nascita. Per chi ha avuto nell’anno precedente un reddito inferiore a 9.456,53 euro è inoltre prevista la possibilità di ricevere l’indennità per ulteriori tre mesi dopo il periodo standard.
Un altro aspetto importante è la flessibilità. Il lavoratore può scegliere di iniziare la maternità un mese prima del parto e beneficiare poi di quattro mesi successivi, oppure concentrare tutto il periodo dopo la nascita, comunicando la scelta al momento della domanda online.
Molto più limitata resta invece la tutela per i padri. Il congedo di paternità viene riconosciuto solo se la madre non può usufruirne, per motivi come decesso, grave infermità, abbandono o affidamento esclusivo del figlio al padre. La durata corrisponde al periodo non fruito dalla madre o, se la madre non lavora, a tre mesi dal parto. Anche qui non c’è obbligo di interrompere l’attività, e se il reddito è sotto la soglia dei 9.456,53 euro scatta la possibilità di tre mesi aggiuntivi di indennità.
L’importo riconosciuto corrisponde all’80% di un trecentosessantacinquesimo del reddito utile ai fini contributivi e viene pagato direttamente dall’Inps, tramite bonifico bancario o postale. Attenzione però ai tempi: il diritto decade dopo un anno dalla fine del periodo coperto.
La domanda si presenta esclusivamente online, con credenziali SPID, CIE o CNS. È consigliabile farlo almeno due mesi prima del parto, allegando il certificato medico di gravidanza – che viene trasmesso online dal medico – e comunicando entro 30 giorni dalla nascita la data del parto.
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