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L’Africa si sta spaccando: nasce un nuovo oceano?

Il continente si divide lungo una faglia di 2.000 chilometri. Gli scienziati osservano in tempo reale la formazione di un possibile nuovo bacino oceanico

L’Africa si sta spaccando: nasce un nuovo oceano?

Foto di repertorio

Da anni, in alcune zone dell’Africa orientale il terreno si muove, anche in assenza di terremoti o maltempo. Le autostrade si deformano, compaiono sorgenti calde nei campi e i satelliti rilevano un lento ma costante allontanamento delle placche continentali. Tutto questo avviene lungo la Rift Valley africana, una frattura lunga 2.000 km che si estende dal Mar Rosso al Mozambico centrale.

Secondo gli ultimi modelli sismici tridimensionali, la spaccatura è tutt’altro che lineare: il magma risale dal mantello terrestre, sfruttando ogni punto debole della crosta, che in alcuni tratti è già ridotta al minimo. A sua volta, la gravità contribuisce a tirare verso il basso i blocchi più sottili.

Il geologo Ken Macdonald (UCSB) spiega che, se il processo continuerà, potrebbe formarsi un mare simile al Mar Rosso entro 20-30 milioni di anni. Tuttavia, nulla esclude che la frattura possa rallentare o accelerare improvvisamente. Uno studio del 2025 ha mostrato che nel tratto settentrionale, la Rift si restringe in una gola affiancata da faglie attive, mentre più a sud si allarga, con onde sismiche che si disperdono rapidamente a causa della presenza di roccia fusa sotto la crosta.

Gli scienziati ritengono ormai che i processi vulcanici alla base della Rift etiope siano identici a quelli che avvengono nei fondali oceanici, rendendo questa zona un raro esempio di dorsale oceanica emersa. L’evento più emblematico risale al 2005, quando una fessura lunga 56 km e larga 8 metri si aprì in soli dieci giorni in Etiopia.

Secondo Cindy Ebinger (University of Rochester), la zona dell’Afar, dove la crosta è già sotto il livello del mare, rappresenta un rischio immediato: un piccolo sbarramento in Eritrea separa questa depressione dal Mar Rosso, e il suo cedimento potrebbe provocare un’inondazione molto prima della vera apertura di un oceano.

Grazie a reti di sensori e dati satellitari, i geologi monitorano ogni minimo movimento del terreno. I nuovi modelli indicano che l’iniezione di magma può deformare rapidamente il suolo, causando terremoti e danni alle infrastrutture. La zona dell’Africa orientale, insieme all’Islanda, è una delle uniche aree al mondo in cui un sistema di dorsali oceaniche è visibile in superficie. Le osservazioni in corso aiuteranno a comprendere come si sono formati gli oceani attuali e cosa aspettarci dai futuri cambiamenti geologici.

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