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IL COLLEZIONISTA FOLLE

Ritrovato capolavoro del Goya, "San Francesco d'Assisi in estasi"

I misteri dell'arte e le enigmatiche rivelazioni: un viaggio tra genio e romanzesco

Ritrovato capolavoro del Goya, "San Francesco d'Assisi in estasi"

San Francesco d'Assisi in estasi

PROLOGO

C’è un sottile filo che separa il genio dall’azzardo, e il nostro caro Collezionista Folle lo percorre con la disinvoltura di un equilibrista bendato. Chi segue questa rubrica sa che il protagonista delle nostre storie non è un comune accumulatore di oggetti d’arte, bensì un visionario capace di scorgere capolavori là dove il resto del mondo vede solo quadretti da mercatino. Questa settimana, il nostro eroe ci regala un viaggio tra tele sbiadite e leggende improbabili, in un racconto che lambisce persino i confini della Storia. Si parte con un presunto Goya, una tela intitolata “San Francesco d’Assisi in estasi”, che il nostro sedicente Sherlock Holmes del pennello dice di aver riconosciuto grazie a un dettaglio rivelato da analisi ai raggi X. Non un volto, non una pennellata, ma una… stigmate. Sì, avete letto bene: una piccola ferita mistica che, una volta ingrandita, svela numeri in grassetto, simili a quelli di un libretto di assegni. Un’epifania che avrebbe mandato in tilt anche il più cinico degli storici dell’arte. E non è finita. L’intuito del nostro collezionista lo conduce a collegare il quadro a una storia oscura, fatta di tesori nazisti, ricevute bancarie nascoste in quadri, e perfino un romanzo pubblicato col titolo “Mortdecai”. Nel suo racconto, un ex agente segreto confida a uno scrittore di aver perquisito un ufficiale delle SS, scoprendo un collegamento con un tesoro di lingotti d’oro trafugati agli ebrei romani. Qualcosa di degno della trama di un film. E se Goya non bastasse, ecco che sullo sfondo sbuca anche un Cezanne: “una meravigliosa marina alle spalle dello Chateau Noir”, acquistata insieme al Goya da un brocante ormai in fin di vita. Due capolavori al prezzo di uno, con tanto di tragedia umana sullo sfondo per aggiungere pathos al racconto. Il nostro Collezionista ci invita a credere a ogni parola, con la leggerezza di chi sa di camminare su un terreno scivoloso. E noi lettori ci chiediamo se un giorno non scopriremo che questi “capolavori” non sono altro che il risultato di un’immaginazione fertile. Ma in fondo che importa? Nell’universo del nostro Collezionista anche l’assurdo è arte. E non è forse questo il suo più grande capolavoro

Non ho mai avuto le stigmate di Padre Pio, ma osservando la stigmate dipinta sul dorso della mano di “San Francesco d’Assisi in estasi” mi salì il sangue alla testa. Osservando la foto ai raggi X eseguita dal Prof. Thierry Radelet, allora docente di analisi multispettrali alla Scuola di Restauro di Venaria Reale (Torino), ora consulente del Museo del Louvre di Parigi, ingrandendo la stigmate vidi fuoruscire la parte superiore di numeri in grassetto come i caratteri sui libretti di assegni. Sorpreso pensai di dare i numeri, ma la fotografia non mentiva. L’enigma mi restò in mente per alcuni anni, finché non mi imbattei in un libro dal titolo curioso : “Cache-moi ça” (= nascondimi questo). Indagando sui motori di ricerca, scoprii la seguente storia curiosa: uno scrittore inglese, Kyril Bonfiglioli, andò a farsi una birra al pub, dove conobbe un pensionato che aveva fatto la guerra in Italia nel controspionaggio di Sua Maestà; benché ligio alla segretezza, si lasciò andare ad una confidenza: un giorno gli capitò di arrestare e perquisire un ufficiale delle SS naziste che aveva in tasca una ricevuta di deposito di una grande quantità d’oro presso una Banca toscana. Alle pressanti domande dello scrittore, l’ex agente segreto gli rivelò che si trattava dell’oro degli ebrei romani dato ai nazisti in cambio della falsa promessa che non sarebbero stati deportati.

L’ufficiale nazista consegnò la ricevuta bancaria e fu lasciato libero. Peraltro lo scrittore aveva conosciuto il collezionista d’arte Abram Mortdecai che gli aveva proposto di acquistare al mercato Portobello di Londra una tela attribuibile a Francisco Goya ma di incerta provenienza, suggerendogli di scrivere un romanzo da lui finanziato, purché fosse dedicato al suo nome. L’occasione di stampare “Cache-moi ça” col titolo “Mortdecai” edito in Italia da Piemme! Tuttavia, per rispetto al povero San Francesco, la trama del romanzo fu modificata: la meta della ricerca del dipinto nascosto non fu quella di San Francesco ma quello della “Maja Desnuda” di Francisco Goya dove i numeri del conto bancario sarebbero stati nascosti dentro l’organo sessuale della Maja. Il libro uscì pubblicato col titolo “Mortdecai” contemporaneamente al film comico con lo stesso titolo “Mortdecai” (trasmesso su YouTube)! “Ma come trovasti il dipinto?” mi chiese un collezionista agitandomi un pugno, irritato perché credeva di essere preso in giro. Titubante gli dissi la verità: «Lo acquistai da un Brocante malato di tumore (morì pochi mesi dopo) che me lo vendette a poco prezzo assieme ad un cartone dipinto attribuibile a Cezanne, una meravigliosa marina alle spalle dello Chateau Noir. Ma questa è un’altra storia».

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