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14 Novembre 2025 - 21:25
Topinambur, foto d'archivio
Tra i tesori nascosti della cucina piemontese c’è un ortaggio antico e dalle mille virtù: il topinambur, conosciuto localmente come ciapinabò. Simile a una patata ma dal sapore che ricorda il carciofo, è una pianta della famiglia delle composite, la stessa del girasole, con cui condivide la capacità di seguire il sole. Arrivato in Europa dal Nord America, oggi cresce facilmente nei terreni umidi del Piemonte, dove viene raccolto in autunno e celebrato ogni ottobre nella storica Sagra del Ciapinabò di Carignano.

Il topinambur si distingue per la sua straordinaria composizione nutrizionale. Contiene pochissime calorie (circa 30 per 100 grammi) ed è ricco di inulina, una fibra solubile che agisce come prebiotico naturale, favorendo la regolarità intestinale, riducendo l’assorbimento di zuccheri e grassi e aiutando a stabilizzare i livelli di colesterolo e glicemia. Per questo è considerato un alimento ideale anche per i diabetici. Oltre all’inulina, apporta potassio, magnesio, ferro, fosforo e calcio, utili per combattere la stanchezza, rafforzare ossa e muscoli e migliorare la circolazione.
Non mancano le vitamine: A, C, E e del gruppo B, insieme a folati e biotina, fondamentali per il sistema nervoso e per contrastare affaticamento e inappetenza. Grazie a queste caratteristiche, il topinambur è un vero alleato del metabolismo e della salute cardiaca, oltre che un ottimo depurativo naturale.
In cucina è estremamente versatile. Può essere consumato crudo, grattugiato nelle insalate con un po’ di limone per potenziarne l’effetto digestivo, oppure cotto (bollito, al vapore, al forno o fritto) mantenendo sempre il suo gusto dolce e delicato. Nella tradizione piemontese accompagna la bagna cauda o diventa protagonista di piatti come il risotto e il flan di topinambur.

Oltre al sapore unico e ai benefici per l’organismo, questo tubero ha anche un valore culturale e simbolico. Inserito tra i Prodotti agroalimentari tradizionali del Piemonte, il topinambur rappresenta un piccolo grande esempio di biodiversità da riscoprire a tavola: genuino, salutare e radicato nella storia contadina della regione.
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