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Fatica da serie tv

La fine delle serie infinite: perché il pubblico oggi preferisce miniserie da una stagione sola

La nuova era della serialità tra fatica da binge-watching e voglia di conclusioni soddisfacenti

La fine delle serie infinite: perché il pubblico oggi preferisce miniserie da una stagione sola

C’era un tempo in cui seguire una serie TV era un rito. Ogni settimana, un episodio. Ogni anno, una nuova stagione. Oggi, invece, l’idea di iniziare una serie da dodici stagioni fa più paura che piacere. Non è solo questione di tempo — che è poco, frammentato, condiviso — ma di attenzione e di energia mentale. È arrivata la stanchezza da serie TV. E le miniserie sembrano essere la risposta.

Quando Netflix ha rivoluzionato il consumo televisivo introducendo il binge-watching, sembrava di vivere un’epoca d’oro. Poter guardare tutta una stagione in un fine settimana era una novità entusiasmante. Ma a distanza di pochi anni, quel modello ha mostrato le sue crepe.

Dall'entusiasmo al burnout da contenuti

Uno studio pubblicato nel 2024 dalle ricercatrici Sophie G. Einwächter e Thessa Jensen ha confermato una crescente sensazione di affaticamento nei confronti delle serie TV lunghe e serializzate. Secondo lo studio, l’eccesso di contenuti e la frammentazione dell’offerta – complice l’esplosione delle piattaforme streaming – hanno trasformato un tempo di svago in un impegno mentale non sempre sostenibile.

Non solo: la crescente abitudine delle piattaforme a cancellare le serie dopo una o due stagioni ha indebolito il rapporto di fiducia tra pubblico e produzione. Il risultato? Gli utenti sono sempre meno disposti a investire il proprio tempo in storie destinate a rimanere senza un vero finale.

Le miniserie conquistano il pubblico (e la critica)

In questo contesto, le miniserie stanno vivendo una vera rinascita. Sei, otto, massimo dieci episodi. Una storia con un inizio, una fine, e — soprattutto — nessuna promessa tradita. Chernobyl, Unorthodox, Unbelievable, Beef, The Queen’s Gambit, WandaVision: sono solo alcuni dei titoli che hanno segnato questa nuova tendenza.

Secondo un’analisi di Parrot Analytics, la domanda globale di miniserie è cresciuta costantemente dal 2018. E non si tratta solo di numeri: la ricezione critica, i premi vinti e l’impatto culturale di queste produzioni confermano che il pubblico oggi cerca qualità, concentrazione narrativa e un tempo d'impegno contenuto.

La crisi dei format lunghi

Il cambiamento è visibile anche nei numeri di produzione. Nel 2003, una stagione media contava circa 22 episodi. Oggi, la media si è quasi dimezzata. Netflix, in particolare, ha standardizzato stagioni da 8 episodi, non solo per ragioni creative, ma anche economiche. Ridurre i costi, mantenere l’interesse alto e ottimizzare la produzione sono diventati obiettivi compatibili con le nuove abitudini del pubblico. Un’analisi di The Ringer mostrava già nel 2017 come la lunghezza media delle stagioni fosse scesa drasticamente, passando da oltre 20 episodi a poco più di 10.

E la motivazione è semplice: il pubblico è cambiato. Non solo è più abituato a ritmi narrativi veloci e intensi, ma è anche sopraffatto dalla quantità di offerta. Solo nel 2022 sono uscite più di 600 serie scripted tra Stati Uniti e piattaforme globali. Un numero ingestibile, che ha portato anche a un fenomeno parallelo: la fatica da abbonamenti. Troppi servizi, troppe proposte, troppo tutto: una recente analisi di CivicScience ha mostrato come sempre più utenti dichiarano di sentirsi sopraffatti dal numero di abbonamenti e dalla mole di contenuti da vedere. Da qui, la tendenza a selezionare con maggiore attenzione, premiando le esperienze narrative brevi e incisive.

La narrazione breve è anche più forte

Non è solo una questione di durata: è anche una questione di qualità. Le miniserie sono spesso più curate, più compatte, più coerenti. Non devono “riempire” puntate, non devono stirare le sottotrame per arrivare alla prossima stagione. Non solo: è anche una forma di rispetto per il tempo dello spettatore, e soprattutto, danno agli autori la possibilità di raccontare una storia intera, senza compromessi.

Un buon esempio è Chernobyl di HBO: cinque episodi, una regia potente, una scrittura precisa, e una narrazione che ha segnato un punto fermo nella storia della serialità contemporanea. Un altro esempio è il recente Adolescence che ha conquistato pubblico e critica con quttro episodi intensi, un’estetica audace e una storia emotivamente autentica che ha saputo parlare a più generazioni senza compromessi.

Una nuova era per la televisione

Siamo entrati, forse senza accorgercene, in un nuovo paradigma della fruizione televisiva: più qualità, meno quantità. È lo stesso principio che recentemente ha guidato anche i cambiamenti in casa Marvel Studios, con il presidente Disney Bob Iger che ha ammesso pubblicamente come l’eccesso di produzione abbia influito negativamente sulla qualità percepita.

Il pubblico oggi premia ciò che riesce a toccarlo senza sommergerlo. Cerca storie brevi, ma significative. E i dati confermano che la direzione è tracciata.

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