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Salute e benessere

La nuova rivoluzione del wellness: il "caffè ai funghi", ma sarà vero?

Tra promesse di benessere e scetticismo scientifico

La nuova rivoluzione del wellness: il "caffè ai funghi", ma sarà vero?

Negli ultimi anni ha fatto la sua comparsa in bar, scaffali di supermercati bio e post virali su TikTok: il caffè ai funghi è il nuovo protagonista del mondo wellness. Una bevanda che promette miracoli – dalla concentrazione mentale al metabolismo accelerato – ma che divide nutrizionisti e consumatori. I numeri parlano chiaro: nel 2023 questo segmento ha generato un giro d’affari di oltre 1,2 miliardi di dollari, con previsioni che lo vedono salire a 1,8 miliardi entro il 2031. Ma dietro l’hype, c’è davvero sostanza?

Cos’è il caffè ai funghi

Non si tratta di un cappuccino al porcino. Il caffè ai funghi nasce dall’unione del normale caffè con polveri ricavate da funghi “medicinali” come il reishi, il chaga, il maitake o la criniera di leone – varietà utilizzate da secoli nella medicina orientale. Vengono raccolti, essiccati, macinati e miscelati con il caffè, dando vita a una bevanda dal sapore leggermente terroso, con una nota di frutta secca.

Secondo i sostenitori, i vantaggi sarebbero numerosi: maggiore lucidità mentale, sistema immunitario rinforzato, miglioramento della qualità del sonno, stimolazione del metabolismo e persino un supporto alla perdita di peso. E il tutto con meno caffeina rispetto al caffè tradizionale.

Cosa dice la scienza

Ma alla domanda “funziona davvero?”, la risposta degli esperti è molto più prudente. «L’idea è semplice: sommare i benefici dei funghi a quelli del caffè», spiega Lindsay Warner, editor presso Harvard Health Publishing. «Ma la letteratura scientifica sugli effetti di questi funghi sull’uomo è ancora limitata. I pochi studi esistenti sono stati condotti su animali o in laboratorio, non su soggetti umani».

E anche laddove si riconoscono potenzialità nei funghi medicinali, ci sono dubbi sulla loro efficacia in forma di bevanda. «Molti prodotti non utilizzano estratti standardizzati ma semplici polveri di fungo essiccato», puntualizza la nutrizionista Marta Marcè. «In questi casi, i principi attivi risultano difficili da assorbire: la chitina, componente delle pareti cellulari dei funghi, ostacola la digestione e riduce la biodisponibilità delle sostanze benefiche».

Tra micelio e marketing

Non è tutto: molti marchi non specificano se impiegano il corpo fruttifero del fungo – la parte ricca di composti attivi – oppure il micelio, meno efficace ma più economico. «Inoltre», aggiunge Marcè, «le quantità usate per tazza sono molto inferiori rispetto a quelle usate negli studi scientifici: spesso tra i 250 e i 500 milligrammi, mentre nei test si parla di dosaggi ben superiori».

Va anche chiarito che i benefici legati ai funghi medicinali non possono essere automaticamente attribuiti al “caffè ai funghi” in quanto tale. «Le ricerche finora condotte si riferiscono ai funghi come alimento o supplemento, non alla bevanda miscelata con caffè», sottolinea Warner. «Non è detto che gli effetti si mantengano nella formulazione finale».

Conclusioni: moda o miracolo?

Tirando le somme, il caffè ai funghi, pur presentandosi come bevanda salutare, non dispone ancora di basi scientifiche solide a sostegno delle sue proprietà più ambiziose. I benefici attribuiti restano in gran parte ipotetici o aneddotici.

Ciò non significa che si tratti di una scelta sbagliata: la ridotta quantità di caffeina può renderlo un’opzione valida per chi soffre di insonnia o ipertensione. E se il gusto piace, non c’è ragione per non includerlo nella propria routine. Ma chi spera di sostituire l’espresso con una “pozione magica” per dimagrire o rafforzare il sistema immunitario, farebbe bene ad abbassare le aspettative.

Come spesso accade nel mondo della nutrizione, tra il marketing e la medicina corre una lunga distanza – da percorrere, possibilmente, con spirito critico e una buona dose di caffè… tradizionale.

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