Cerca

Curiosità cinematografiche

Dietro le quinte di una scena cult: il segreto del gatto de 'Il Padrino'

Quando il caso supera la sceneggiatura

Dietro le quinte di una scena cult: il segreto del gatto de 'Il Padrino'

Ci sono momenti nel cinema che passano alla storia per un colpo di genio premeditato. Altri invece diventano iconici involontariamente, un po' come lo è stato per Il PadrinoUno di questi riguarda una delle prime, e più celebri, scene del capolavoro di Francis Ford Coppola: Vito Corleone che accarezza placidamente un gatto mentre pronuncia parole di vendetta e giustizia con la sua voce roca e implacabile. Una scena potentissima, ricca di contrasti, che è diventata un simbolo della complessità del personaggio interpretato da Marlon Brando.

Il Don della famiglia Corleone, capo di un impero criminale ma anche padre amorevole e uomo d'onore (nel suo modo discutibile di esserlo), si indigna perché un uomo, Amerigo Bonasera, si è ricordato di lui solo quando gli serviva. Intanto, accarezza con dolcezza un gatto che ronfa placidamente sulle sue ginocchia. Un'immagine che ha fatto scuola, in equilibrio perfetto tra minaccia e tenerezza, tra potere e vulnerabilità.

Naturalmente, gli appassionati e i critici si sono sbizzarriti a interpretare quel gesto felino: un simbolo della natura ambigua del personaggio? Un modo per umanizzare un boss mafioso spietato? O, più semplicemente, un contrasto visivo geniale tra la brutalità delle parole e la dolcezza dell’animale?

La verità è molto più semplice… e un po’ più buffa: quel gatto non era previsto. A raccontarlo è lo stesso Francis Ford Coppola: "Il gatto tra le mani di Marlon non era nel copione. Lo vidi gironzolare sul set e glielo misi tra le braccia, senza dire nulla."

Proprio così: il felino più celebre della storia del cinema era un improvvisato. Pare fosse un randagio (anche se, diciamolo, difficile immaginare un randagio così docile con un attore che, all’epoca, era già un’icona). Più probabile, forse, che appartenesse a qualcuno degli studios e che semplicemente fosse capitato lì al momento giusto.

Ma c'è di più: secondo quanto riportato da Time Magazine, il gatto faceva le fusa così rumorosamente che durante le riprese non si riusciva a sentire cosa stesse dicendo Brando. Le fusa sovrastavano la voce del Don, creando non pochi problemi al sonoro e costringendo il team a fare i salti mortali in post-produzione. Un imprevisto adorabile… ma ingombrante.

Eppure, quella piccola scelta estemporanea contribuì a dare ulteriore profondità a una scena già carica di tensione. Un tocco di umanità, di intimità, di genialità... tutta felina. Coppola, pur essendo un regista meticoloso e attento ai dettagli, era anche aperto all’imprevisto. Lo dimostra questa scena, come anche il fatto che Brando si rifiutasse di imparare le battute, costringendo la troupe a piazzare strategicamente dei cartelloni fuori campo per aiutarlo.

Ma il cinema è anche questo: la capacità di trasformare un’improvvisazione in un’icona. E quel gatto, entrato per caso tra le mani di Vito Corleone, oggi è leggenda.

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.