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L'anniversario
13 Giugno 2025 - 14:05
"Come ha fatto Kubrick a girare Lolita in America?". La domanda che accompagnò il debutto del film il 13 giugno 1962 riecheggia ancora oggi. A 63 anni dalla sua uscita, Lolita di Stanley Kubrick resta uno dei film più audaci e controversi del Novecento. Tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, pubblicato nel 1955, il film affrontava temi scabrosi per l’epoca — e, in parte, anche per oggi — muovendosi sul sottile filo tra censura e provocazione, arte e ossessione.
Realizzare un film tratto da Lolita sembrava impossibile, tanto che persino il suo autore, Nabokov, si mostrava scettico. Fu Kubrick, allora 33enne ma già considerato un enfant prodige del cinema, a trasformare l'opera in un audace adattamento cinematografico, firmato a quattro mani proprio con lo scrittore russo (che collaborò anche alla sceneggiatura). Il film venne girato principalmente nel Regno Unito, per aggirare le restrizioni del Codice Hays, e uscì con un divieto ai minori che ne fece parlare ovunque.
Ambientato nell’America degli anni ’50, il film racconta la storia di un uomo colto e raffinato, Humbert Humbert, che si trasferisce in una nuova cittadina per lavorare come insegnante. Qui viene ospitato da una vedova, Charlotte Haze, e finisce per sviluppare un’ossessione disturbante nei confronti della figlia adolescente di lei, Dolores — soprannominata “Lolita”. La trama si sviluppa tra tensioni emotive, viaggi, manipolazioni e dinamiche familiari complesse, mantenendo un tono tra il drammatico e l’ironicamente inquietante.
A interpretare il professor Humbert Humbert fu James Mason, attore britannico capace di restituire la complessità di un personaggio ambiguo, colto e profondamente disturbato. Accanto a lui, una giovanissima Sue Lyon, appena quindicenne, nei panni della conturbante e manipolatrice Dolores "Lolita" Haze. Completavano il cast Shelley Winters come la madre Charlotte e Peter Sellers in un’ipnotica interpretazione dell’enigmatico Clare Quilty — uno dei momenti più memorabili del film.
Kubrick fu costretto a edulcorare molti aspetti del romanzo per aggirare la censura. Nonostante ciò, il film riuscì a mantenere un tono ironico e inquietante al tempo stesso, esplorando il tema della seduzione e del potere senza mai mostrare nulla di esplicito. L’uso di dialoghi doppi, sguardi fugaci e simbolismi visivi rese Lolita un capolavoro di sottintesi, carico di tensione morale.
All’epoca della sua uscita, il film divise critica e pubblico. Censurato in diversi paesi, Lolita fu anche un successo commerciale. Con il tempo, la sua reputazione è cresciuta, fino a essere oggi considerato un film fondamentale per comprendere i limiti — e le possibilità — del cinema come arte narrativa e provocatoria.
Nel 1997, Lolita tornò sullo schermo in un nuovo adattamento diretto da Adrian Lyne, con Jeremy Irons nel ruolo di Humbert e Dominique Swain in quello di Lolita. Questo remake si propose di essere più fedele al romanzo e più esplicito nei suoi contenuti, grazie alla maggiore libertà concessa dalle norme cinematografiche degli anni ’90.
Nonostante l’intensità delle interpretazioni e una regia visivamente elegante, il film fu accolto in modo controverso. La sua distribuzione fu difficile: molte sale rifiutarono di proiettarlo, e solo successivamente ottenne una maggiore diffusione in home video e via cavo. Il remake approfondisce maggiormente la psicologia dei personaggi, ma non riuscì a eguagliare l’ambiguità e l’equilibrio formale del film di Kubrick.
A 63 anni dalla sua uscita, Lolita resta un’opera discussa, ma imprescindibile. In un’epoca in cui si rivedono i classici con occhi nuovi, Kubrick ci obbliga ancora a confrontarci con i temi del desiderio, del consenso e della responsabilità narrativa. Senza giustificare nulla, il regista americano ha offerto uno specchio inquietante — e artisticamente perfetto — su uno dei romanzi più scomodi del secolo scorso.
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