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L'anniversario

Riscoprendo 'Lolita' di Stanley Kubrick a 63 anni dal suo esordio

L'audace adattamento che sfidò censura e scandalo, esplorando i limiti del desiderio e del potere narrativo

Riscoprendo 'Lolita' di Stanley Kubrick a 63 anni dal suo esordio

"Come ha fatto Kubrick a girare Lolita in America?". La domanda che accompagnò il debutto del film il 13 giugno 1962 riecheggia ancora oggi. A 63 anni dalla sua uscita, Lolita di Stanley Kubrick resta uno dei film più audaci e controversi del Novecento. Tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, pubblicato nel 1955, il film affrontava temi scabrosi per l’epoca — e, in parte, anche per oggi — muovendosi sul sottile filo tra censura e provocazione, arte e ossessione.

Una sfida cinematografica (quasi impossibile)

Realizzare un film tratto da Lolita sembrava impossibile, tanto che persino il suo autore, Nabokov, si mostrava scettico. Fu Kubrick, allora 33enne ma già considerato un enfant prodige del cinema, a trasformare l'opera in un audace adattamento cinematografico, firmato a quattro mani proprio con lo scrittore russo (che collaborò anche alla sceneggiatura). Il film venne girato principalmente nel Regno Unito, per aggirare le restrizioni del Codice Hays, e uscì con un divieto ai minori che ne fece parlare ovunque.

Di cosa parla Lolita? (senza spoiler)

Ambientato nell’America degli anni ’50, il film racconta la storia di un uomo colto e raffinato, Humbert Humbert, che si trasferisce in una nuova cittadina per lavorare come insegnante. Qui viene ospitato da una vedova, Charlotte Haze, e finisce per sviluppare un’ossessione disturbante nei confronti della figlia adolescente di lei, Dolores — soprannominata “Lolita”. La trama si sviluppa tra tensioni emotive, viaggi, manipolazioni e dinamiche familiari complesse, mantenendo un tono tra il drammatico e l’ironicamente inquietante.

Un cast tra ambiguità e magnetismo

A interpretare il professor Humbert Humbert fu James Mason, attore britannico capace di restituire la complessità di un personaggio ambiguo, colto e profondamente disturbato. Accanto a lui, una giovanissima Sue Lyon, appena quindicenne, nei panni della conturbante e manipolatrice Dolores "Lolita" Haze. Completavano il cast Shelley Winters come la madre Charlotte e Peter Sellers in un’ipnotica interpretazione dell’enigmatico Clare Quilty — uno dei momenti più memorabili del film.

Tra censura, scandalo e stile

Kubrick fu costretto a edulcorare molti aspetti del romanzo per aggirare la censura. Nonostante ciò, il film riuscì a mantenere un tono ironico e inquietante al tempo stesso, esplorando il tema della seduzione e del potere senza mai mostrare nulla di esplicito. L’uso di dialoghi doppi, sguardi fugaci e simbolismi visivi rese Lolita un capolavoro di sottintesi, carico di tensione morale.

Ricezione e impatto culturale

All’epoca della sua uscita, il film divise critica e pubblico. Censurato in diversi paesi, Lolita fu anche un successo commerciale. Con il tempo, la sua reputazione è cresciuta, fino a essere oggi considerato un film fondamentale per comprendere i limiti — e le possibilità — del cinema come arte narrativa e provocatoria.

Il reboot del 1997: più fedele, ma meno impattante?

Nel 1997, Lolita tornò sullo schermo in un nuovo adattamento diretto da Adrian Lyne, con Jeremy Irons nel ruolo di Humbert e Dominique Swain in quello di Lolita. Questo remake si propose di essere più fedele al romanzo e più esplicito nei suoi contenuti, grazie alla maggiore libertà concessa dalle norme cinematografiche degli anni ’90.

Nonostante l’intensità delle interpretazioni e una regia visivamente elegante, il film fu accolto in modo controverso. La sua distribuzione fu difficile: molte sale rifiutarono di proiettarlo, e solo successivamente ottenne una maggiore diffusione in home video e via cavo. Il remake approfondisce maggiormente la psicologia dei personaggi, ma non riuscì a eguagliare l’ambiguità e l’equilibrio formale del film di Kubrick.

Una pellicola ancora attuale?

A 63 anni dalla sua uscita, Lolita resta un’opera discussa, ma imprescindibile. In un’epoca in cui si rivedono i classici con occhi nuovi, Kubrick ci obbliga ancora a confrontarci con i temi del desiderio, del consenso e della responsabilità narrativa. Senza giustificare nulla, il regista americano ha offerto uno specchio inquietante — e artisticamente perfetto — su uno dei romanzi più scomodi del secolo scorso.

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