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Post, like e paranoie: il nuovo vocabolario dell’amore (disperato) della Gen Z

Altro che ghosting: se non sai cos’è il “situationship” o il “wokefishing”, sei fuori dai giochi

 Post, like e paranoie: il nuovo vocabolario dell’amore (disperato) della Gen Z

Chi pensava che “chiedere di uscire” fosse il passo più difficile del dating non ha ancora avuto a che fare con il dizionario dell’amore nel 2025. Dimenticatevi le definizioni semplici, i rapporti lineari e il caro vecchio corteggiamento a base di sguardi e cassette degli 883. Oggi si ama (si fa per dire) in modalità buffering, si soffre in real time e si comunica con più acronimi che parole.

Benvenuti nella love jungle della Gen Z: un parco giochi emotivo fatto di ghost, breadcrumb, zombie e strane creature chiamate simp e wokefish. Il tutto condito da una terminologia ibrida, tossica e assolutamente irresistibile. Ecco un dizionario non richiesto ma necessario, da consultare prima di ogni chat su Tinder o serata con chi “non vuole etichette, ma ti ama molto, però non sa in che senso”

Situationship. Una frequentazione senza definizione, dove ci si vede, ci si sente, ci si piacciono le stories… ma non si è niente. Tipo Schrödinger ma sentimentale: siete insieme e non lo siete. Confusione e ansia vendute come spontaneità.

Outsourcing. Quando sono i tuoi amici a gestire il tuo profilo di dating. La speranza è che ti trovino qualcuno. Il rischio è che finiscano per innamorarsi loro. O prenotare cene a quattro con individui che tu non vedrai mai più.

Untyping. Dire addio al proprio tipo ideale per provare altro. Nobile. Evoluto. Utile, se non hai un tipo ideale. Ma se sei cresciuta con il mito del tenebroso alla Kurt Cobain, difficile convertirsi al programmatore che ama i gatti.

Ghosting. L’originale, il classico, l’intramontabile: sparire. Niente messaggi, niente spiegazioni. Solo un ultimo “visto alle 00:43” che ti lascia più interrogativi del finale di Lost.

Caspering. Sparisce, ma con educazione. Ti dice “sei una persona meravigliosa, non sono pronto” e poi blocca tutto. La versione passivo-aggressiva di un ciao carino.

Breadcrumbing. Ti tiene in sospeso con like e messaggini random. Tipo Pollicino, ma anziché trovarti ti confonde. L’unico briciolamento che non fa ingrassare ma logora l’autostima.

Orbiting. Non ti scrive più, ma guarda tutte le stories. Presente ma assente. È il fantasma del Natale Passato, ma con Wi-Fi.

Zombieing. Ritorna dopo mesi di nulla. Nessuna spiegazione. Solo un “ehi, come va?”. Di solito va male.

Fizzling. Non si chiude, si spegne. Come una lattina lasciata aperta. Nessuna lite, solo silenzio. Il friccicore che muore. E tu che ti chiedi se sei stata davvero lì.

Love bombing. Ti sommerge di attenzioni, regali, parole grosse. Poi puff. Era tutto fumo. Niente arrosto, solo il fumo della tua autostima in fiamme.

Shadow phasing. Ti tagga ma poi cancella. Ti mostra e poi ti oscura. Sei la persona con cui sta, ma solo dalle 22 alle 2, e solo in modalità “non disturbare”.

Cuffing season? Inverno, copertina, Netflix e partner di convenienza. A marzo si salvi chi può: la primavera arriva e con lei il bisogno di nuove situationship. Un ciclo che manco la moda.

Wokefishing? Dice di essere femminista, ma poi condivide meme su “le donne che guidano male”. Recita bene, ma sbaglia copione. Versione aggiornata del classico “ti dico quello che vuoi sentire”, ma con una bandiera progressista sulla bio.

Forse sì, ma serve coraggio. E Wi-Fi stabile.
In fondo, l’unico modo per sopravvivere a questo caos postromantico è riderci su.
E magari, ogni tanto, chiedersi: ma davvero serve un termine nuovo per ogni cuore spezzato?

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