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Ambiente

Surriscaldamento del Mediterraneo: la Sardegna registra le temperature marine più elevate

Dati scientifici confermano il ruolo del cambiamento climatico nel riscaldamento delle acque

Surriscaldamento del Mediterraneo

Immagine di repertorio

Le acque del Mediterraneo stanno registrando anomalie termiche sempre più marcate, con un impatto significativo sulla biodiversità marina e sull’equilibrio degli ecosistemi. Secondo il rapporto Mare Caldo 2024 elaborato da Greenpeace Italia, la zona con le temperature superficiali più elevate è quella che circonda la Sardegna. In particolare, nell’area marina protetta di Capo Carbonara è stato rilevato un incremento termico medio di +1,49°C rispetto alla norma. L’isola dell’Asinara ha registrato ben 14 ondate di calore marine in un anno, segnando un record nazionale.

Le stazioni di monitoraggio attive in Sardegna – situate a Capo Carbonara, Tavolara-Punta Coda Cavallo e sull’Asinara – sono parte di una rete di 12 punti di osservazione lungo le coste italiane. Nonostante si tratti di aree marine protette, i dati indicano che anche questi ecosistemi risultano vulnerabili al riscaldamento globale. Tra le specie a rischio, è stato documentato lo sbiancamento del corallo Cladocora caespitosa, considerato un indicatore sensibile dei cambiamenti ambientali.

Aumento della temperatura dell'aria superficiale globale (C°) rispetto alla media del periodo di riferimento preindustriale 1850-1900Il Mediterraneo ospita circa l’8% delle specie marine del pianeta, nonostante rappresenti meno dell’1% della superficie oceanica globale. Tuttavia, solo una minima parte di questo mare – meno dell’1% – è oggi soggetta a forme efficaci di protezione. A questa fragilità si aggiungono fattori di pressione ambientale già noti, come l’inquinamento da plastica e la pesca intensiva, che amplificano gli effetti del riscaldamento delle acque.

A livello globale, i dati del 2024 indicano un’accelerazione dell’innalzamento del livello del mare. Secondo le rilevazioni satellitari coordinate dalla NASA, l’aumento annuo ha toccato i 0,59 cm, superando le previsioni di 0,43 cm. Per la prima volta da quando è iniziato il monitoraggio nel 1993, l’espansione termica dell’acqua è diventata la principale causa dell’innalzamento – superando il contributo dello scioglimento dei ghiacci.

Negli ultimi trent’anni, il livello medio globale del mare è aumentato di circa 10 centimetri. Con il 2024 che si conferma come l’anno più caldo mai registrato, gli oceani hanno raggiunto i massimi livelli di espansione termica, in linea con l’eccezionale riscaldamento atmosferico.

Il cambiamento climatico ha avuto conseguenze dirette anche sulla terraferma. Il rapporto 2024 sullo stato del clima in Europa, curato dal Copernicus Climate Change Service e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, segnala che lo scorso anno circa 413.000 persone sono state colpite da inondazioni, con almeno 335 vittime accertate. Gli ultimi dieci anni sono stati i più caldi mai registrati sul continente, che si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale.

Il 2024 è stato anche il primo anno in cui la temperatura media globale ha superato stabilmente i +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Le concentrazioni di anidride carbonica (CO₂) e metano (CH₄) continuano a salire, contribuendo ulteriormente al riscaldamento globale. L’area mediterranea, per la sua configurazione geografica e densità di popolazione costiera, risulta particolarmente esposta ai rischi derivanti da questi cambiamenti.

In occasione della Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo, prevista per l’8 luglio, Greenpeace Italia ha diffuso una guida informativa dal titolo Il Mare in Tasca, volta a sensibilizzare i cittadini sull’importanza della tutela del Mediterraneo e delle sue specie. L’organizzazione, insieme alla Fondazione Marevivo, sottolinea la necessità di incrementare le aree marine protette e di attuare politiche di mitigazione climatica più efficaci.

Le evidenze raccolte suggeriscono che il riscaldamento delle acque del Mediterraneo non è un fenomeno episodico ma un trend consolidato, con ricadute già visibili sulla biodiversità marina, sul livello del mare e sulla stabilità climatica dell’intera regione.

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