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Il tesoro nascosto nel Ponte Vittorio Emanuele I: la storia segreta che Torino sta ancora cercando

Dal dominio francese al ritorno sabaudo, la storia del ponte più simbolico di Torino si intreccia con un segreto sepolto nel cuore della città

Il tesoro nascosto nel Ponte Vittorio Emanuele I: la storia segreta che Torino sta ancora cercando

Torino non sarebbe Torino senza i suoi ponti. Ma ce n’è uno, in particolare, che racconta molto più di un semplice attraversamento tra due sponde del Po. Il Ponte Vittorio Emanuele I, che unisce Piazza Vittorio Veneto alla chiesa della Gran Madre di Dio, è molto più di un’opera di ingegneria urbana: è un crocevia di potere, memoria storica e leggenda.

Tutto comincia con Napoleone Bonaparte, quando Torino è ancora sotto il controllo francese. Il generale-imperatore ha le idee chiare: serve un ponte strategico e monumentale, capace di collegare zone chiave della città ma anche di esaltare la sua figura come Re d’Italia. Il ponte doveva rimpiazzare le vecchie strutture in legno, fragili e temporanee, con qualcosa di solido, duraturo, celebrativo. Un segno del suo dominio. A progettarlo fu Claude Joseph La Ramée Pertinchamp, ingegnere francese di fiducia. La prima pietra fu posata in pompa magna il 22 novembre 1810.

Poi, la storia fa il suo corso. Napoleone cade in disgrazia, viene esiliato a Sant’Elena, e il ponte resta incompiuto. Quando torna il sovrano sabaudo Vittorio Emanuele I, la città chiede di demolire il ponte, simbolo di una dominazione straniera appena finita. Ma il re ha un’altra visione: il ponte è utile, anzi necessario per Torino. Decide quindi di completarlo. Come atto di rivincita personale, pare che ogni volta che lo attraversava dicesse di sentire di calpestare la Francia. Il ponte prende così il suo nome, diventando il primo in pietra della città e segnando la definitiva svolta architettonica e politica di Torino post-napoleonica.

Ma la parte più affascinante arriva ora. Perché, come spesso accade, sotto le pietre si nascondono le storie più preziose. E nel caso del Ponte Vittorio Emanuele I, la leggenda narra che dentro il pilone centrale si trovi un tesoro vero e proprio. Non un mito, ma una capsula del tempo murata durante la costruzione.

Al suo interno? 79 monete d’oro, argento e bronzo coniate per celebrare le imprese di Napoleone, dalla conquista dell’Egitto alla presa di Vienna del 1805. Un metro in argento massiccio, altre 10 monete più recenti, due targhe commemorative in latino e in francese firmate da Vernazza e Déperret, membri dell’Accademia delle Scienze. Il tutto racchiuso in uno scrigno di legno e un tubo di vetro finemente lavorato, poi sigillati dentro un contenitore di piombo. E lì rimangono, incastonati nel ponte, da oltre due secoli.

Un frammento di storia sepolta tra le fondamenta della città, invisibile agli occhi, ma più che mai presente nella memoria. Perché anche le pietre parlano, se sai ascoltarle. E a Torino, il Ponte Vittorio Emanuele I racconta una storia di imperi caduti, città che resistono e piccoli tesori che, forse, non smetteremo mai di cercare.

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