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Il processo

Guai con il fisco, il sito di incontri finisce in tribunale a Torino

Domani i giudici decidono se restituire quasi 32 milioni sequestrati a marzo

evasione fiscale

(foto di Nataliya Vaitkevich)

In tanti hanno usato almeno una volta quel sito per cercare di incontrare qualcuno o passare semplicemente un’ora di svago.
Il problema è che, secondo la Procura di Torino, dietro il portale Bakeca Incontri ci sono anche milioni di euro evasi. Quasi 32, per la precisione: a marzo la guardia di finanza di Bari li ha sequestrati su disposizione del giudice torinese Marco Picco. E domattina il Tribunale del riesame discuterà l’istanza di restituzione presentata da alcuni dei 22 indagati per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale. E alla “esterovestizione”, cioè la localizzazione fittizia della residenza fiscale di una società all’estero.

L’indagine è partita da Bari tra il 2018 e il 2019 in seguito ad accertamenti su una persona di Putignano che, tramite l’uso di carte ricaricabili, recuperava una parte dei pagamenti destinati al sito che raccoglieva annunci pubblicitari gratis e a pagamento (che non ha nulla a che vedere con il sito Bakeca.it: si tratta di due siti e due società diverse che non hanno niente a che fare una con l'altra, a differenza di quanto riportato inizialmente). Da lui si è risaliti alla società che risultava avere sede a Madeira, in Portogallo. Ma di fatto era amministrata in Italia da un commercialista di Mondovì, G. A. E anche gli altri soci erano italiani.


Secondo quanto accertato dagli investigatori, tutto ruotava attorno all’attività della società Neottolemo Lda, con sede a Madeira, che detiene i domini dei siti di annunci on line “bakecaincontri” e “skocca” e gestisce la vendita dei servizi di visibilità aggiuntiva degli stessi siti web in Argentina, Belgio, Brasile, Italia, Svizzera e Spagna.
La Neottolemo Lda gestiva la sua attività e il flusso di denaro che ne derivava attraverso altre società: controllate, come la Strasshill con sede legale a Cipro, o appaltatrici, come la Time for now di Dublino.
L’indagine aveva portato a perquisizioni anche nell’abitazione di un commercialista di Cuneo, dove erano stati recuperati molti file audio con le registrazioni delle riunioni con i soci e i consulenti, in cui erano illustrati dettagliatamente i mezzi utilizzati per eludere la tassazione degli utili. A partire dallo schermo di strutture societarie estere.
Nello specifico, secondo l’accusa, gli utili conseguiti dalla società Neottolemo di Madeira (sede estera ma in realtà gestita in Italia) confluivano inizialmente nella controllante con sede a Cipro, che li distribuiva poi a entità giuridiche del Regno Unito, riconducibili agli indagati, che decidevano a loro volta se tenerli parcheggiati all’estero, investirli in quei Paesi o farli rientrare in parte in Italia.
Le indagini hanno accertato che tra il 2014 e il 2018 la Neottolemo avrebbe realizzato un reddito imponibile mai dichiarato di oltre 120 milioni di euro, evadendo tasse per quasi 32 milioni. Un’accusa che i legali degli indagati respingono (tra gli altri Mauro e Guido Anetrini, Stefano Catalano, Maria Luisa Capuani e Lorenzo Imperato): «Il business della società si svolge sul mercato mondiale, che ha liberamente deciso di collocarsi in Portogallo - sottolinea l’avvocato Davide Vettorello, che assiste 12 indagati - E lì ha pagato le imposte, senza nessun intento dissimulatore: gli indagati non si sono mai nascosti e hanno sempre dichiarato al Fisco italiano i capitali che rientravano».
Anzi, secondo le difese, la richiesta del Fisco italiano è un “doppione” rispetto a quella presentata dallo Stato portoghese: la società ha già pagato le tasse a Lisbona, che ora vuole 27 milioni di euro dopo che sono entrate in vigore le restrizioni sui benefici fiscali di cui godevano le società con sede a Madeira. In pratica Italia e Portogallo si litigano le tasse di Bakeca Incontri: «La situazione dal punto di vista tributario è molto complicata - aggiunge Andrea Panero, che assiste uno degli indagati insieme alla collega Elena Emma Piccatti - Al momento è difficile individuare lo Stato a cui dobbiamo pagare le imposta».

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