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dopo l'omicidio

«Via San Massimo è un incubo: io e i miei figli vogliamo scappare»

Claudia, mamma di due bambini: «Mia figlia non può invitare le amiche a casa»

Le cantine di via San Massimo, dov'è stato trovato il cadavere di Massimo Lodeserto

Le cantine di via San Massimo, dov'è stato trovato il cadavere di Massimo Lodeserto

Una ragazzina di 12 anni che non può invitare le amiche a casa. E che quando esce per andare a scuola, mamma e papà la sorvegliano a vista. Succede anche questo in via San Massimo 33, il “palazzo del camorrista” perché fino all’altro giorno ci viveva un ex affiliato, Nino Capaldo, fermato per avere ucciso e nascosto in cantina Massimo Lodeserto. E succede che una mamma, da Milano - dove si trova perché la figlia è ricoverata all’ospedale Niguarda - trovi la forza di raccontare il suo quotidiano terrore scrivendo alla nostra redazione.

Così ha fatto Claudia, mamma di due bambini, una femmina di 12 anni e un maschio di 9, che si è sfogata raccontando a TorinoCronaca una situazione non più sostenibile: «Mio figlio più piccolo lo accompagniamo noi in giro, ma la più grande vuole uscire da sola - racconta Claudia - e io la devo istruire su quasi tutto, ad esempio dicendole di non andare mai in ascensore con gli sconosciuti. E poi lei vorrebbe invitare le amiche a casa, ma non lo può fare perché non siamo al sicuro». In pratica, una 12enne non può fare come fanno tutte le altre ragazze della sua età. E la sua “colpa” è di vivere nel palazzo della paura. Dove nel 2005 venne ammazzato Luigi Lucarelli, ex calzolaio. E dove il 30 agosto scorso è stato ucciso e poi gettato in cantina Massimo Lodeserto. A luglio 2022, un anno e mezzo prima del delitto, gli inquilini avevano scritto una lettera ad Atc, dove elencavano ogni genere di problema: dalle occupazioni abusive alle fughe di gas, senza dimenticare le fognature otturate e le cassette delle lettere in stato pietoso. E i soggetti “poco raccomandabili” che negli ultimi anni abitano al civico 33 di via San Massimo: “sono stati assegnati alloggi a persone socialmente pericolose”, recitava la lettera. Come il pentito Nino Capaldo, ma non solo.

Da via San Massimo, Claudia, il marito e i figli vogliono scappare: «Appena i bambini finiranno la scuola ce ne andremo, per ora dobbiamo sopravvivere in questo inferno. Non è possibile vivere nella paura, assistere a risse notturne, vedere ubriachi in ascensore e sbandati che dormono in cantina». Nino Capaldo, Claudia lo vedeva di sfuggita «al mattino, ma non gli davo confidenza. Non sapevo nulla del suo passato». Intanto è stata fatta l’autopsia sul corpo di Massimo Lodeserto: più di dieci le martellate per ucciderlo e il suo corpo senza vita è stato avvolto con coperte e sacchi dell'immondizia e legato per facilitarne il trasporto in cantina.

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