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IL CASO

Parto in anonimato, ecco cos'è e cosa succede dopo la nascita

Il direttore sanitario dell'ospedale Sant'Anna di Torino: "Noi non giudichiamo nessuno, vogliamo solo aiutare"

Neonato

Una foto del piccolo Lorenzo a pochi giorni dalla nascita

Da un lato c’è il bambino e dall’altro, la «donna che non consente di essere nominata». Recita così, l’atto di nascita dei figli delle madri che ricorrono al parto in anonimato. Si tratta di appena 12 donne solo a Torino nel 2023. In particolare, all'ospedale Sant'Anna di Torino - che da solo cuba il 50% delle nascite di tutta la provincia - se ne sono registrati quattro nel 2023 e altrettanti nel 2022. Numeri che appaiono contenuti, ma di cui si è tornati a parlare con insistenza in seguito all'abbandono del piccolo Lorenzo tra i rifuti, nel Comune di Villanova Canavese.

Che cos'è il parto in anonimato?
Secondo il Decreto del Presidente della Repubblica numero 396 del 2000, è possibile per le donne partorire in ospedale pur non riconosendo il neonato. "Noi non diamo giudizi di alcuna natura" assicura in prima battuta il dottor Umberto Fiandra direttore sanitario dell'ospedale Sant'Anna di Torino. "Chi sceglie di partorire e di rinunciare de facto immediatamente al proprio figlio vive un momento molto traumatico - prosegue -. Dal canto nostro, dobbiamo essere certi che si tratti di una scelta consapevole e soprattutto libera. Questo è il cosiddetto parto in anonimato". 

"La legge che ha abbattuto il numero di infanticidi"
In seguito all'abbandono di Lorenzo, il pubblico ministero Elena Parato, ha già aperto un fascicolo per tentato infanticidio"La legge sul parto in anonimato ha azzerato pressocchè i numeri degli infanticidi" commenta ancora il dottor Fiandra. "Consentire alla donna di non essere nominata fa sì che possa accettare la gravidanza, sapendo che nessuno saprà mai di quella nascita".

Il diritto all'anonimato
Il diritto all’anonimato della donna prevale anche su eventuli richieste del figlio che, una volta cresciuto, manifesti il desiderio di conoscere l'identità della madre biologica. "I dati possono essere divulgati solo dopo cento anni - specifica il direttore sanitario -. Capita tuttavia che ci vengano fatte delle richieste. In quel caso si fa istanza al Tribunale dei Minori che può, a sua volta, richiedere di parlare con la donna". 

Umberto Fiandra direttore sanitario dell'ospedale Sant'Anna di Torino

Chi sono le donne che ricorrono al parto in anonimato?
Italiane, straniere, giovani e - a volte - già madri. Il bacino di persone che ricorre al parto in anonimato non può essere incasellato sotto un'unica etichetta. "Quello che accomuna queste donne è un grandissimo dolore e senso di sofferenza" commenta la dottoressa Caterina Carbonara, direttrice della Neonatalogia dell'ospedale Sant'Anna di Torino. 

Conferma la specificità di ogni singolo caso anche il report fornito dai Servizi Sociali del Comune di Torino che, analizzando gli ultimi anni, osserva come il 50% dei minori abbandonati siano nati da donne italiane "ben informate sul loro diritto a non riconoscere". Il restante 50% dei minori è figlio di donne di origine straniera "che conoscono la possibilità dell’esercizio di questo diritto solo al momento del parto in ospedale, non essendosi rivolte prima ai servizi sociali e sanitari territoriali".

Finanziamenti: 15mila euro per Torino
Sul territorio torinese il progetto dei servizi sociali del Comune di Torino: "Parto in anonimato, un diritto delle donne", garantisce grazie ai 15mila euro assegnati da Vita Nascente, la presa in carico della gestante in difficoltà tramite sostegno economico, collocazione residenziale e soluzioni a differenza del bisogno e dell'età anagrafica della donna. 

"Il finanziamento dei progetti di parto in anonimato sostenuto da Vita Nascente va comunicato adeguatamente sui territori, perché dove le polemiche soffocano l’informazione sul servizio si privano le donne e i bambini di vedersi garantiti privacy alle prime e soprattutto una chance di vita ai secondi" commenta l'assessore regionale alle Politiche Sociali Maurizio Marrone.

Il budget è destinato a progetti individualizzati per un minimo di quattro casi per una durata di sei mesi (4 mesi preparto, 2 mesi post). In caso di non riconoscimento del nascituro da parte della donna, la Città di Torino si curerà del neonato fino ad adozione definitiva. Il progetto comunale prevede anche una campagna di "sensibilizzazione e informazione sul diritto di ogni donna ad essere inserita nei percorsi di tutela durante la gravidanza fino al parto.

Verso l'affido: poco meno di un mese in ospedale  
I bimbi nati in seguito al parto in anonimato vengono immediatamente presi in cura dai servizi sociali. "Lavoro in questo settore da oltre vent'anni e posso assicurare che la velocità con cui questi bambini raggiungono la famiglia adottiva è molto migliorata" sottolinea ancora la dottoressa Carbonara. "In passato capitava che restassero anche sei mesi in ospedale. Le pratiche erano molto lente. Ora grazie agli assistenti sociali del Comune di Torino e al Tribunali di minori in poco meno di un mese in bambini raggiungono la famiglia adottiva". 

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