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Il caso
09 Febbraio 2024 - 07:00
Nelle cantine, c’erano topi ed escrementi accanto a letti e avanzi di cibo. E negli appartamenti sono spuntati droga, stranieri ammassati e veri e propri furti di energia elettrica, con allacci abusivi nascosti dietro contatori veri. Ma, in realtà, erano soltanto dei “coperchi”: ecco come si presentava fino a ieri l’ennesimo palazzo degli orrori di Torino. Di proprietà, come tanti altri in città, di Giorgio Molino.
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La polizia si è presentata all'alba e ha bussato alle porte di via Garessio 5, nel mirino delle forze dell’ordine dallo scorso novembre (quando ci sono state le prime denunce dei residenti dopo la fuga di un rottweiler dalle cantine, riportate da TorinoCronaca).
Quando sono scesi nelle cantine del palazzo a due passi dal Lingotto, gli agenti del commissariato Barriera Nizza e della polizia municipale si sono trovati di fronte uno spettacolo difficile da descrivere a parole: odore di feci e di fogna, con acqua stagnante e grossi topi a ogni angolo. Lì in mezzo, in una sorta di latrina, mangiavano, vivevano e dormivano tre giovani egiziani. Tra cui il proprietario del cane notato dagli abitanti del quartiere tre mesi fa: due degli stranieri sono stati allontanati mentre il terzo, un ragazzo di appena 18 anni, è stato trasportato in Questura per essere fotosegnalato: non aveva con sé neanche un documento.
Ma le sorprese non sono finite: nel blitz scattato ieri mattina, gli agenti hanno trovato anche una serie di alloggi con stranieri stipati in poche stanze. In uno c’erano sette pakistani, tutti rider con tanto di biciclette e contenitori per trasportare il cibo. E le bombole del gas abbandonate lì, poi portate via dai vigili del fuoco. In due appartamenti, abitati da nigeriani con regolare permesso di soggiorno, c’erano allacciamenti abusivi alla corrente elettrica: come accertato dai tecnici di Ireti intervenuti insieme ai poliziotti, il contenitore del contatore “ufficiale” era finto e veniva utilizzato solo per coprire ma il furto di energia. Reato di cui sono accusati tre abitanti mentre altri due devono rispondere del possesso di sostanze stupefacenti.
Al momento di notificare quanto scoperto all’amministratore, i poliziotti di Barriera Nizza hanno scoperto che, in realtà, non esiste. O meglio: gli stranieri, compresi quelli che vivevano nelle cantine, avevano come referenti dei loro compaesani. I quali incassano gli affitti e poi li girano alla società proprietaria del palazzo. La sede è a Roma, risulta chiusa ed è riconducibile al “ras delle soffitte" Giorgio Molino.
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