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La guerra per l'eredità
11 Febbraio 2024 - 05:50
Bundeena Consulting Inc., Silver Tioga, Layton e Silkestone Invest Corporation. Sono i nomi di quattro società offshore con sede in luoghi affascinanti come le Isole Vergini Britanniche, ma soprattutto sono considerati paradisi fiscali. E queste quattro sono una parte di quelle sedici società offshore dove si nasconderebbe il tesoro degli Agnelli.
Questo elenco, ora nelle mani dei magistrati del pool del procuratore aggiunto Marco Gianoglio della Procura di Torino, e della Guardia di Finanza, è stato prodotto da Margherita Agnelli, nella sua lunga battaglia per l’eredità di suo padre Gianni, una battaglia che l’ha portata a un esposto che ha fatto finire indagato persino suo figlio, John Elkann.
Di queste società, dicono le carte dei magistrati, era indicata «beneficiaria Marella Agnelli» oppure «Agnelli family’s members» ossia membri della famiglia Agnelli, eredi di Marella. La sola Bundeena avrebbe avuto una dotazione di 900 milioni di dollari.
Queste “casseforti” sono ora al centro dell’indagine della Procura di Torino per ricostruire i flussi di denaro degli Agnelli/Elkann. L’esposto di Margherita contesta una evasione fiscale di 8 milioni di euro della “rendita” che lei stessa versava a sua madre, ma che non risultano dichiarati al Fisco italiano. Da lì, oltre alle accuse per Elkann, il commercialista e presidente della Juve Gianluca Ferrero e il notaio svizzero Urs von Groening, l’intento è risalire il fiume di collegamenti e società collegate dell’impero, per arrivare al cuore del controllo, ossia la società Dicembre, le cui quote sono divise fra i fratelli Elkann, che controlla a sua volta Exor e da qui Stellantis e tutto il resto di una galassia da oltre 25 miliardi di euro.
L’esposto dell’avvocato Dario Trevisan, che assiste la contessa Agnelli de Pahlen, ha indicato anche alcune fiduciarie presenti in Italia, tra cui la Nomen - che aveva assorbito sia Simon sia Gabriel dell’avvocato Franzo Grande Stevens, uomo di fiducia dell’Avvoato - e la Sogefi. Mentre in Svizzera si fa accenno alla Pictet, una banca privata di Ginevra.
La tesi è che queste “scatole” servano ancora a movimentare il denaro e i beni degli Elkann/Agnelli, compresi i milioni di euro di Marella e il complesso gioco delle proprietà immobiliari, dei contratti delle utenze e persino dei dipendenti.
In Procura, infatti, stanno passando come persone informate sui fatti una trentina fra camerieri, maggiordomi, autisti, infermieri e personale di fiducia di Villa Frescot, dimora storica degli Agnelli. In questa casa - di proprietà di Margherita e ora in vendita - è mancata Marella e l’ipotesi della figlia è che lei fosse, per l’appunto, più residente in Italia che in Svizzera. Il suo avvocato ha fatto il conto: servono 180 giorni di permanenza all’anno per essere residenti in Svizzera e, tra 2018 e 2019, Marella ne ha trascorsi soltanto 68, mentre per 94 era nel suo riad in Marocco e ben 189 in Italia.
E dunque, secondo l’avvocato Trevisan, «occorreva non far risultare intestate a Marella Caracciolo le utenze degli immobili in Italia e i rapporti di lavoro». Tutto, quindi, finiva in capo a John, che in quel periodo aveva spostato a Villa Frescot - da Villar Perosa - la sua residenza anagrafica: bollette, contratti di lavoro, tutto intestato a lui o a società della galassia Exor. Persino i cani di Villa Frescot.
Perché è tanto importante? Perché se davvero Marella non risultasse residente in Svizzera, potrebbero essere invalidati i testamenti e le “aggiunte” in cui denaro, beni e quant’altro possa esserci nelle società offshore passavano a John - in particolare -, Lapo e Ginevra, escludendo i figli di secondo letto di Margherita. Sui testamenti, già era stata avviata, addirittura, una inchiesta poi archiviata sulle firme di Marella, una delle quali «appare apocrifa». I magistrati, difatti, hanno fatto acquisire vecchi scritti autografi di Marella alla Fondazione Agnelli.
E sulla Dicembre, dovesse variare la distribuzione delle quote, sarebbe in gioco il controllo che la strategia di famiglia, fin dalla morte dell’Avvocato, ha assegnato a John. Se l’Irpef evasa, alla fine, è di appena 200mila euro, il rischio è di veder messo in discussione un impero da 25 miliardi.
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