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Lavoro & Territorio

Il lato oscuro dei miliardi della Nutella: alle operaie degli Ovetti solo 5 euro l'ora. Ecco perché

La realtà di centinaia di addetti delle imprese che lavorano per Giovanni Ferrero, l'uomo più ricco d'Italia. La battaglia (e l'appello) dei sindacati

Il lato segreto dei miliardi della Nutella: alle operaie degli Ovetti solo 5 euro l'ora. Ecco perché

E' l'uomo più ricco d'Italia, il suo impero vale miliardi di euro, eppure tra chi lavora per Mister Nutella, a confezionare i preziosi ovetti Kinder Sorpresa o le merendine, c'è chi è pagato 5 euro l'ora appena. Un contrasto innegabile, che tra l'altro evidenzia una clamorosa disparità fra lavoratori dello stesso ambito e livello professionale, e su cui si sono già mosse le rappresentanze sindacali. Andiamo ad analizzare il quadro, che riguarda un'ampia fetta dell'economia del Piemonte, con precisione. 

In questo periodo la Ferrero di Alba ha premiato i suoi dipendenti con maggiori anni di servizio e, come ogni estate, ha avviato l'assunzione di qualche migliaio di lavoratori stagionali (sì, per preparare i dolci per il Natale: la Nutella invece viaggia tutto l'anno, mentre d'estate Rocher o Raffaello difficilmente si vendono). A distanza di chilometri, dall'Albese al Roero, c'è però la realtà della cooperativa Gtpm di Castagnito (442 dipendenti, oltre 20 milioni di fatturato annuo), che opera nell'ambito di alcune lavorazioni esternalizzate dal gigante dolciario.

Nello specifico, la cooperativa, che ha ceduto il proprio ramo d'azienda alla Proteco Srl, una società di automazione sempre di Castagnito con 117 dipendenti e una dozzina di milioni di fatturato annuo, si occupa del confezionamento di prodotti dolciari (e anche delle sorpresine Kinder provenienti dalla Cina) attraverso un sistema misto umano-robotizzato, per poi essere avviati alla spedizione verso la distribuzione commerciale.

Secondo Vincenzo Lauricella, dell'Usb, unione sindacale di base, la retribuzione del personale addetto a queste operazioni (350-400 persone, in gran parte donne, giovani e meno giovani, molte le immigrate) si aggira attorno ai 5 euro netti l'ora. La paga mensile, con una continuità di giorni e di ore, sfiora i 1.200 euro mensili. Si tratta di lavoratrici che "subiscono una contrattazione al ribasso rispetto ai colleghi alle dipendenze della società appaltante - ha spiegato Lauricella al periodico La Gazzetta d'Alba -. Le condizioni economiche, caratterizzate da rapporti a tempo parziale, con l'utilizzo di dubbie pattuizioni sindacali, prevedono retribuzioni di circa cinque euro netti. Peraltro l'organizzazione del lavoro impone anche alcuni mesi di sospensione della prestazione durante i quali le addette, pur risultando assunte, non percepiscono alcun salario".

Il contrasto è rappresentato dalla paga media in Ferrero, per un inquadramento similare: 1.600 euro al mese netti, con l'aggiunta di quei benefit di cui Ferrero fa vanto nella sua attenzione al welfare. L'Usb, tramite l'assistenza degli avvocati Roberto Bausardo e Daniela De Bernochi del Foro di Torino, ha ottenuto un incontro la Proteco - che è attiva in diversi ambiti, quasi tutti di automazione, ma anche gestione di hotel - per definire una trattativa per l'applicazione del contratto nazionale di lavoro. Il fenomeno della esternalizzazione, d'altra parte, è diffuso in questa area del Piemonte: le aziende agroalimentari sono 1.400 con 8mila addetti, con 18 aziende di confezionamento - molte sono coop - per 3mila addetti circa.

Per quanto riguarda la Ferrero, il suo patron Giovanni Ferrero - figlio del fondatore Michele - è da tempo riconosciuto come l'uomo più ricco d'Italia: quest'anno Forbes gli ha attribuito un patrimonio personale di 43,8 miliardi di dollari, che ne fa la quarta persona più ricca in Europa, la ventiseiesima al mondo. La multinazionale della Nutella, invece, ha chiuso l'esercizio 2022/23 con fatturato consolidato di 17 miliardi di euro, vale a dire un incremento del 20,7% rispetto ai 14 miliardi dell'esercizio precedente.

Dalla Ferrero hanno fatto notare che l'esternalizzazione riguarda "una piccola parte della produzione complessiva" e la necessità nasce "in virtù dei formati allocati. Questi, che per motivi di mercato non rappresentano produzioni continuative necessitano di ampi spazi che non sono disponibili all'interno dello stabilimento". Ferrero precisa di monitorare con periodici audit i partner dei propri servizi, "la nostra etica ci impone di operare con partner che garantiscano il rispetto della normativa applicabile e delle clausole contrattuali siglate in fase di appalto".

In questo caso, però, c'è qualcosa che stride. "Molte imprese esternalizzano perché costa meno e si può scaricare all'esterno una flessibilità diversa. In Ferrero stride con l'immagine del welfare che si è data, anche se abbiamo notato un percorso di transizione all'interno dell'azienda, forse a causa dell'allentarsi della forte impronta familiare" analizza Pietromaso Bergesio, segretario provinciale cuneese della Cgil. "Le cooperative hanno sempre difficoltà a riconoscere aumenti adeguati, a causa dei pochi margini nelle commesse - prosegue -. Poi c'è la poca forza sindacale dei lavoratori, qui spesso stranieri o anche italiani con situazioni deboli alle spalle". La soluzione? "La Ferrero reinternalizzi tutta la produzione, oppure partecipi con noi a ottenere accordi di appalto più rispettosi per i lavoratori delle aziende fornitrici". Un appello al gigante (del) buono, in pratica.

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