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LA STORIA

"Sono stato dentro 23 mesi ma ero innocente" la storia di Marco Sorbara

L'ex-assessore valdostano è stato arrestato nel 2019 con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

"Sono stato dentro 23 mesi ma ero innocente" la storia di Marco Sorbara

Marco Sorbara

Nella sala dell'Associazione radicali Aglietta, Marco Sorbara entra lentamente. A Torino è venuto per raccontare la sua storia, una vicenda che anni fa finii su tanti giornali. Vicino a lui sono seduti Monica Gallo, garante comunale dei detenuti di Torino, e Alberto de Sanctis, ex presidente Camera penale Vittorio Chiusano. Sorbara fa un respiro profondo, poi attacca a parlare: "Quello che è successo a me poteva capitare a chiunque. Sono stato in silenzio per 1546 giorni".

Marco Sorbara, nato ad Aosta il 26 aprile 1970, è stato assessore alla sanità, politiche sociali e abitative della Valle d'Aosta e consigliere regionale. Sorbara è diventato noto a livello nazionale nel gennaio 2019 quando è stato arrestato nell'ambito dell'operazione "Geenna", un'inchiesta sulla presenza della 'ndrangheta in Valle d'Aosta. L'accusa era di concorso esterno in associazione mafiosa, ossia di aver favorito l'organizzazione criminale pur non facendone formalmente parte. L'operazione "Geenna" ha svelato un'infiltrazione della 'ndrangheta in vari settori della vita pubblica e privata della regione, mettendo in luce anche la collusione di alcuni esponenti politici locali.

"Mi trovavo a casa di mia madre, era notte e stavamo dormendo. Suonano alla porta, erano i carabinieri. Con i passamontagna e i mitra sono entrati e mi hanno portato in cucina. Mia madre urlava, non la lasciavano avvicinare a me. Alcuni carabinieri intanto mettevano tutto sottosopra, stavano perquisendo casa" racconta. L'uomo non riusciva a spiegarsi del perchè si trovasse in quella situazione. "In caserma mi hanno preso le impronte digitali. Quando hanno finito, ho chiesto se potevo finalmente tornare a casa. Mi risposero che a casa non sarei tornato: mi avrebbero portato in carcere, a Biella". La voce di Sorbara è bassa, calma nonostante il racconto drammatico. "Quando mi hanno comunicato di essere accusato per concorso esterno in associazione mafiosa gli ho riso in faccia. Pensavo fosse uno scherzo. Io, con origini calabresi, da sempre ho rifuggito qualsiasi tipo di attività anche solo lontanamente riconducibile a simili tematiche". Marco entra in carcere. Lo fanno spogliare, completamente nudo. Finita la perquisizione minuziosa, lo portano in una cella: "Era minuscola, giuro di averla misurata. 4 passi per 2. Lo spazio più angusto che abbia mai visto nella mia vita. Il letto era in ferro cementato in terra. Niente acqua calda e niente riscaldamento perchè rotto. Era gennaio e faceva molto freddo. Rimasi in quella cella per 33 giorni in completo isolamento e solo al 34esimo ho potuto vedere mia madre" prosegue Sorbara che quei giorni li ricorda come fossero ieri "quando sei dentro il tempo scorre diversamente: non passa. Mi sembrava di impazzire, per bere un caffè, l'unico concesso durante la giornata, ci mettevo almeno trenta minuti. Se mangiavo un mandarino poi contavo i semi. Ho cominciato a pensare cose assurde, per esempio che mia madre mi odiasse. In tutto sono rimasto li per 45 giorni e poi sono stato spostato con gli altri detenuti".

E qui la situazione cambia. Sorbara in quelle celle resterà per mesi, in attesa del processo. "I primi 20 giorni non ho fatto la doccia. Quando in carcere entra un politico, un uomo bianco, la situazione è tragica. Non è facile ambientarsi. Feci amicizia con Giuseppe. Lui in carcere ci stava da 26 anni e di anni ne aveva 56. Mi ha picchiato, prima di stringere un rapporto. Lui ha un passato terribile fatto di stupri e violenze domestiche". Quando si presenta in tribunale, Sorbara è certo che tornerà a casa e che tutte le accuse verso di lui cadranno. "Io sono innocente e mi sono sempre professato come tale. Avevo decine e decine di testimoni, un fascicolo di 60mila pagine che non diceva assolutamente nulla di concreto sul mio essere coinvolto in un'associazione a stampo mafioso. Lottavo per dimostrare la mia estraneità ai fatti. Ma quel giorno le cose non vanno come pensavamo tutti. Mi danno dieci anni. Il primo pensiero? Mi uccido. La mia vita era finita" ma poco dopo incrocia lo sguardo di sua madre. La donna aveva 80 anni all'epoca dei fatti. "Non si molla" gli dice la madre.

Ma cos'avevano in mano per poterlo tenere in carcere? "Io non sono mai stato intercettato mentre la mia voce è stata registrata mentre parla di fatti interenti alla giunta. In realtà stavo leggendo l'articolo di un giornale a voce alta. Era il 2015: e come dicevo venni arrestato quattro anni dopo". Dietro le sbarre Sorbara impara ad ambientarsi, cerca di trarre qualcosa di positivo da quell'esperienza. 909 giorni dopo, la Corte di Appello di Torino lo assolve. E' il 17 dicembre del 2020. "Libero. Ero libero. Il pm fece ricorso in Cassazione ma la sua istanza non venne accolta". Sorbara non ricevette risarcimenti: "Quando sei innocente e vai in galera ti danno un indennizzo all'uscita. Un indennizzo che non tiene conto del danno che questo puo' aver procurato sulla tua vita. Un indennizzo uguale per tutti. Non importa se dentro il carcere ho perso 25chili, se oggi ancora mi sveglio più volte in piena notte a causa del trauma. Mi alzo, mi sento addosso una puzza. E allora devo farmi la doccia, nel cuore della notte, devo lavare via quel puzzo insopportabile. Io ero un commercialista, lavoravo bene. Oggi non posso intestarmi un mutuo. Per farmi affittare un appartamento mio fratello ha dovuto farmi da garante. C'è gente che ancora mi etichetta come 'ndranghetista nonostante io sia stato assolto".

Oggi Marco ha dedicato la sua vita alla sensibilizzazione delle persone: gira per le scuole, partecipa a manifestazioni come il Salone del Libro e cerca di raccontare a più persone possibili la sua esperienza. "Si stima che ogni 8 ore in carcere entri una persona innocente e che un terzo dei detenuti, ancora in attesa di giudizio, risultino poi non colpevoli. Nonostante tutto questo, io credo ancora nella Magistratura".

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